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“La filosofia delle società indigene americane ritiene che gli esseri umani e i non umani – animali e piante-, pur distinguendosi per l’aspetto dei loro corpi, siano profondamente connessi, uniti dalla stessa sensibilità e intenzionalità”.

Sono queste le parole di Bruce Albert, antropologo e co-direttore artistico della mostra ‘Siamo foresta’ allestita fino al 29 ottobre presso la Triennale di Milano, insieme ad Harvé Chandès, Direttore Generale Artistico della Fondation Cartier pour l’art contemporain.

È la medesima Fondazione ad aver messo in discussione l’antropocentrismo occidentale, per scoprire attraverso un gruppo di 27 artisti centroamericani, molti dei quali appartenenti a comunità indigene.

Per Bruce Albert questa supremazia ha allontanato in modo progressivo l’umanità dal resto del mondo, portando alla distruzione della biodiversità e alla catastrofe contemporanea.

A spiegare questa nuova visone è proprio un dipinto dell’artista Bruno Novelli:Colossal.

Le foreste ritratte sono come vetrate di cattedrali, popolate però da creature misteriose, come il serpente cosmico o si riferiscono alla cosmologia degli sciamani.

Questo viaggio artstico si propone di ridefinire l’equilibrio tra l’Uomo e la Natura in un rapporto sempre più osmotico e paritario, senza pretesa alcuna di dominio o di protagonismo.

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