Quanta energia buttiamo via, quanta intelligenza, quanto capitale umano, quanto capitale territoriale? C’è una generazione di trenta/quarantenni che nei territori sta facendo la differenza, perché capiscono e sentono le città dal basso unendo immaginazione e capacità di impresa.
Ma facciamo un piccolo passo indietro. Di cosa stiamo parlando?
Da sempre la città è stato il centro della vita sociale, lavorativa e culturale. Luogo di malcontento, povertà, ma anche di ritrovo, servizi e cambiamento. In questi anni, diversi studiosi si sono incaricati di gettare luce sulle ombre, di illuminare i lati bui di queste realtà. Elena Granata, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, Vicepresidente della Scuola di Economia Civile, racconta nelle sue opere il lato vitale e generativo della città. Spazi aperti, creativi e sostenibili che cambiano il mondo. Ma nulla è frutto del caso. In questi progetti innovativi ritroviamo uomini e donne che si mettono in ascolto delle domande emergenti, professionisti innovatori, animati da intelligenza connettiva, attenti a valorizzare nei loro progetti la specificità dei luoghi con l’intento di ricercare una sostenibilità economica e ambientale.
In questo complesso periodo storico, attraversato da guerre, post- Covid, emergenza giovani e lavoro, si è reso necessario puntare l’attenzione sulla qualità della vita quotidiana. La nascente sensibilità ambientale invita a riqualificare e reintegrare spazi e natura. L’aumento delle disuguaglianze, le solitudini diffuse spingono a sostegno della sperimentazione di nuovi progetti capaci di generare relazioni tra gli abitanti di un medesimo quartiere.
Proposte di innovazione urbana giungono da Parigi, dove l’attuale sindaca Anne Hidalgo ha presentato il progetto della “città del quarto d’ora”. Nata come iniziativa teorizzata per una grande metropoli come Parigi, e sostenuta dal docente Carlos Moreno, si propone di garantire tutto il necessario ai singoli quartieri della capitale e ad un massimo di 15 minuti da casa, che sia a piedi o in bicicletta. L’intento è quello di ripensare agli spazi comuni di un settore della città riqualificando strade, piazze e incroci, trasformando e riscoprendo aree della città sottoutilizzati, ma idonei all’insediamento di nuovi servizi collettivi a beneficio di tutti.
Il cambiamento che ha investito il settore urbano-edilizio insieme a quello sociale e umano si apre alle nuove richieste della gente. E’ quindi necessario divenire orecchio, occhio e mente di tale realtà per chiedersi:” Di cosa ha bisogno la gente?”.
Prima di rispondere a questa domanda è fondamentale introdurre il concetto di intelligenza connettiva. Con questo termine si designa l’incontro e l’unione di elementi disomogenei, che si ibridano e osano. Non basta essere formati nel proprio settore, ma occorre guardare oltre, per rendersi partecipe del mutamento a cui tutti sono chiamati.
Ancora una volta non mancano testimonianze concrete di tali metodi innovativi. A Napoli: Rione Sanità nel 2006 Padre Loffredo e un gruppo di volontari hanno fondato insieme la cooperativa sociale La Paranza Onlus, che solo due anni dopo si aggiudica un bando di 500mila euro della Fondazione Con il Sud da investire nella valorizzazione di un bene abbandonato. Il luogo scelto sono state le Catacombe di San Gennaro, ripulite e riqualificate dai giovani del Rione, molti dei quali con un passato difficile. L’obiettivo, fin dal principio, è stato quello di aiutarli a guardare al futuro in modo diverso e nello stesso momento di riqualificare e valorizzare il patrimonio storico e artistico per creare occasioni di formazione e inserimento lavorativo.
Per parlare di cambiamento non occorre saper dire, ma “fare”.
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