Le grandi produzioni cinematografiche puntano su costosi film che hanno al centro la salvaguardia della Terra. Dopo “The Midnight Sky” sono in arrivo “Avatar 2”, “Dune”, “Ainbo” e “Nomadland”
Nella solitudine glaciale della sua ultima prova, in veste di regista e interprete, George Clooney descrive, in The Midnight Sky, le conseguenze nefaste della distruzione del pianeta Terra: “Quando abbiamo cominciato a lavorare al film ci siamo chiesti di cosa sia capace l’umanità, abbiamo parlato della rabbia e dell’odio che permeano le nostre vite, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Se un sentimento del genere va avanti per troppi anni, se si continuano a negare i cambiamenti climatici e le conclusioni scientifiche, succederà che, alla fine, salteremo tutti in aria.
Nel film si avverte il dolore per quello che gli uomini sono stati capaci di fare a sé stessi e per quanto possa essere facile perdere tutto quello che oggi diamo per scontato”. Basata sul romanzo La distanza tra le stelle della scrittrice statunitense Lily Brooks-Dalton, lanciata il giorno di Natale su Netflix, l’avventura post-apocalittica guidata dall’ex-sex-symbol è costata circa 100 milioni di dollari. I danni subiti dall’ecosistema, l’equilibrio saltato tra uomo e natura, gli incubi su quello che verrà o che è appena accaduto, sono, sempre più spesso, al centro di kolossal hollywoodiani da grandi platee.
Non è un caso se, nel maggio scorso, le immagini del regista James Cameron e del produttore John Landau, appena sbarcati in Nuova Zelanda per girare il primo della collana di sequel di Avatar, abbiano fatto il giro del mondo. Completi di mascherine e schermi protettivi, ligi alle direttive dei protocolli anti-Covid, i membri della troupe guidati dal regista di Titanic hanno affrontato l’impresa di realizzare i vari capitoli contemporaneamente, tra Auckland e Wellington.
Completato alla fine dello scorso settembre e in uscita nel 2022, Avatar 2 sarebbe solo il primo step di un affare da un miliardo di dollari. E anche stavolta il cast, da Sam Worthington a Zoe Saldana, da Kate Winslet a Sigourney Weaver, dovrà vedersela con i problemi causati da una missione di terrestri pronti a destabilizzare e distruggere il favoloso universo di Pandora. Inoltre, ha annunciato Cameron, ci sarà l’elemento della saga familiare, motivo in più per sollecitare negli spettatori riflessioni sui mali dovuti a incuria e violenza nei confronti del biosistema.
Anche nella nuova versione del fantascientifico Dune, firmato da Denis Villeneuve e interpretato da Thimothée Chalamet (budget 165 milioni di dollari), il viaggio alla ricerca della sostanza che allunga la vita è ostacolato da segnali di degenerazioni ambientali come l’esistenza di enormi vermi della sabbia e di popoli, come i Fremen, costretti a vivere di stenti, risparmiando ogni goccia d’acqua in pochi rifugi protetti.
Tra i titoli più attesi della stagione c’è poi Ainbo: Spirito dell’Amazzonia, il cartone peruviano in 3D di Richard Claus collocato nella più profonda foresta pluviale, quella dove la giovane protagonista (Ainbo viene dalla parola che in peruviano significa ragazzina) scopre di essere minacciata dall’avanzata di umani decisi a distruggere il paradiso in cui è cresciuta. L’idea, Covid permettendo, sarebbe far uscire il film il 22 aprile, in coincidenza con la giornata della Terra.
Da un’angolazione diversa, e con lo stile del cinema indipendente Usa, è già pronto per la corsa agli Oscar, forte del Leone d’oro guadagnato a Venezia, Nomadland di Chloé Zhao, star Frances McDormand, alle prese con il nuovo nomadismo americano, frutto della recessione economica, ma anche del desiderio di tornare a vivere fuori dalle leggi del consumismo, riciclando non solo oggetti destinati alle discariche, ma anche valori disattesi della convivenza umana.
Da tempo il business della coscienza ecologica nutre blockbuster da grande pubblico e, guardando indietro, sono numerosi i titoli che, in questi filone, hanno fatto storia. Nel 2000, diretta da Steven Soderbergh, la diva Julia Roberts denunciava, in Erin Brockovich, la vicenda reale della falda acquifera di una cittadina californiana contaminata dalle emissioni illegali del colosso industriale Pacific Gas & Electric. Costato 52 milioni di dollari, il film ne aveva incassati oltre 256.
Quattro anni dopo, in The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo, Roland Emmerich metteva in scena le conseguenze di un’imminente era glaciale, con un’immensa onda anomala che invade Manhattan e con Los Angeles rasa al suolo da una serie di tornado. Del budget di 175 milioni di dollari fecero parte anche i 200 mila dollari versati di tasca propria dal regista per rendere totalmente green la produzione, piantando alberi e producendo energia da fonti alternative, in modo da bilanciare le emissioni inquinanti dovute al lavoro della troupe.
Nel 2008 il cartone Wall-E, prodotto da Pixar e distribuito da Disney (per un costo di circa 180 milioni di dollari) diceva, nel modo più affettuoso e romantico, la parola definitiva sul tema dell’accumulo dei rifiuti e del super-inquinamento globale. Sulla Terra, invivibile e abbandonata, un robot incaricato di eliminare e compattare scarti si innamora di Eve (Extra-terrestrial Vegetation Evaluator), una robot più moderna di lui, programmata per cercare vita sul pianeta. La rivoluzione è sempre possibile, anche per le macchine create nel tentativo di rimediare ai nostri disastri.