Plusvalenze….?
Nel calcio la plusvalenza non è altro che il guadagno che una società trae dalla cessione di un calciatore. Nel campionato italiano le plusvalenze rappresentano una delle principali fonti di entrata per i club, dato che, nella maggior parte dei casi, in assenza di moderne strutture di proprietà, i calciatori rappresentano il loro bene principale.
Queste pratiche sono descritte da anni nel calcio nostrano, ma fin qui le indagini, sia sportive che ordinarie, non hanno prodotto grandi risultati. L’ostacolo principale sta infatti proprio nella “soggettività” di queste operazioni. In assenza di specifiche clausole, il valore di un calciatore viene stabilito da venditori ed acquirenti: e quindi, diciamocelo francamente, chi altro può stabilire se il prezzo di vendita di un atleta sia congruo o meno? Chi può escludere il fatto che non si sia trattato di un mero errore di mercato? Errori che per giunta non sono poi così rari.
Nel mirino della Covisoc (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche) e della FIGC, c’è non solo la Juventus, ma l’inchiesta sulle plusvalenze sospette si allarga a ben 18 società, di cui 5 di Serie A (Juventus, Napoli, Genoa, Sampdoria ed Empoli), 2 di Serie B (Parma e Pisa), 2 di Serie C (Pro Vercelli e Pescara), 1 di Serie D (Novara) e 7 straniere (Barcellona, Manchester City, Lugano, Marsiglia, Basilea, Amiens e Lille). Manca il PSG, ma questa è tutta un’altra storia.
Monitorati dalla Procura Federale numerosi movimenti di queste società che, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno alimentato un sistema sempre più nell’occhio del ciclone.
Non solo Juventus e Napoli, il caso in esame che sta scuotendo il mondo del calcio italiano coinvolgerebbe almeno sei squadre, in ballo anche Genoa, Atalanta, Inter e Sampdoria. Il sistema nostrano è sotto la lente di ingrandimento, la ragione è proprio quella di comprendere come avvengono gli scambi tra i calciatori, ceduti in alcuni casi a cifre sospette e che a dir il vero, hanno fatto storcere il naso in primo luogo ai tifosi dei rispettivi club. Già durante i primi anni del nuovo millennio il mondo del calcio vide una clamorosa impennata delle plusvalenze, divenuto oggi un vero e proprio escamotage per “sistemare” i bilanci, eludendone di fatto gli ostacoli ed aggirandone i limiti.
Snoccioliamo qualche dato sintomatico e significativo a riguardo. Basti pensare che nel 2015 la Serie A fatturava 2.2 miliardi di euro, di cui 381 milioni rappresentavano plusvalenze che ad oggi sono quasi raddoppiate e stimate in 739 milioni.
Il Tribunale Federale indagò illo tempore su Milan, Inter e Genoa, poi prosciolte in assenza di prove. L’unico caso conclamato e punito con una pena asprissima fu quello che riguardò il Chievo Verona nel 2018.
Tutto ciò dimostra e segnala che il problema sia sempre il medesimo: è molto difficile provare che le parti coinvolte abbiano voluto effettivamente concludere con dolo un affare fittizio. Non dimentichiamo che la storia del calcio è disseminata, in un senso o nell’altro, di errori incredibili di mercato: campioni comprati a poco o flop-player sovravvalutati con relativi ingaggi faraonici.
La certezza è una ed una sola: un tempo, tanti anni fa, si acquistavano i calciatori per vincere le partite. Oggi occorre vincere le partite per trovare la liquidità necessaria per l’acquisto degli atleti.
Eppur qualcosa si muove, l’obiettivo certamente è quello di far luce e di fornire linee-guida uniformi per club, tesserati, con un occhio al bilancio, autentico tallone d’Achille di numerose società.
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