Papa Francesco: un buon libro è un’oasi che ci allontana da decisioni che non ci fanno bene, apre la mente e allena alla vita. Lettera del Papa sul ruolo della letteratura nella formazione

WhatsApp
Facebook

I Nostri Sponsor

E’ proprio così, leggere un buon libro “diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. Poi non mancano i momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta, finché possiamo avere un po’ più di serenità”. Oltre che due cari amici appassionati di lettura, la pensa così anche Francesco, che il 4 agosto ha pubblicato la Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione, dedicata non solo a chi percorre il particolare cammino della formazione sacerdotale, ma anche a coloro che sono impegnati nelle varie attività della Chiesa, ai cristiani tutti e a chiunque desideri leggerla. Il Papa parla di “idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile”, contro le quali cimentarsi nella lettura può essere un valido antidoto, che può aprire, tra l’altro, alla creazione di spazi interiori che evitano le nostre piccole, grandi chiusure. “Avvicinarsi alla lettura non è qualcosa di superato”, continua il Papa, e un po’ tutti noi che ormai siamo negli “anta”, ricordiamo la grande disputa che ci fu all’inizio dell’era dei computer, quelli a portata di ciascuno, su quale sorte sarebbe toccata al libro, in quanto “charta libri”. C’è chi diceva che sarebbe inesorabilmente sparito, dando progressivo ma sicuro passo allo strumento tecnologico, qualcuno, però, sperava e pensava che poteva invece tener colpo. Ovviamente, la lettura è tale sia da ipad che da computer o smartphone, ma le preoccupazioni erano verosimili, ci si domandava infatti se il caro, vecchio libro, quello per capirci erede, nemmeno tanto più evoluto, di quanto fuoriuscito dal genio di Johannes Gutenberg a Magonza, nel 1453, avesse potuto avere qualche difficoltà nel competere con lo strapotere dei meccanismi binari. I dati sull’editoria invece sono molto confortanti, il mercato italiano dei libri cresce nella misura del 3,4%, registrando un giro d’affari complessivo di 1 miliardo e 540 milioni di euro. Francesco prende le distanze perentoriamente dalle fake-news, che definisce “velenose, superficiali e violente”,  e sottolinea il grande sapere che può essere contenuto nei libri recenti o vecchi. Paventa una sorta di impoverimento spirituale e intellettuale del presbitero, ma anche del cristiano, che dovesse sottovalutare l’importanza della letteratura. E’ anche una vecchia wildiana preoccupazione quella del ruolo e del valore puro dell’arte letteraria, che oltrepassa il mero esercizio critico ed investe il senso primario del confronto di ciascuno con se stesso: siamo ciò che desideriamo e creiamo per poi riversare tutto nell’esprimerci letterariamente oppure il nostro formarci, il nostro essere è influenzato dalla letteratura in quanto pura fantasia immaginativa e creativa? Il Papa non risolve tale dilemma ma chiama in causa T.S. Eliot e la sua menzionata “incapacità emotiva”, ed oggi sono in molti coloro ad essere incapaci di emozionarsi non solo davanti a Dio ed alla sua opera creatrice (tema questo tanto caro al pontefice), ma anche e soprattutto “nei confronti degli altri esseri umani”, e proprio la letteratura “ci rende sensibili al mistero degli altri, ci fa imparare a toccare il loro cuore”. Ben vengano, ovviamente, le dinamiche audiovisive e digitali, anche se limitano i tempi di interpretazione e di personale riflessione, con il libro, invece, “il lettore è molto più attivo. In qualche modo riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo, usa le sue capacità, la sua memoria, i suoi sogni, la sua stessa storia piena di drammi e simbolismi, e in questo modo ciò che emerge è un’opera ben diversa da quella che l’autore voleva scrivere”. Daniel Pennac, scrittore, saggista e docente francese, con innumerevoli premi tra i quali il Gran premio di letteratura dell’Accademia francese, parla di una sorta di “ipocrisia adulta” quando si dice ai giovani di leggere e quando ci si lamenta che non leggono ormai più libri, dietro vi è solo il timore da parte degli adulti che i ragazzi possano andare male a scuola, è una sorta di “sanzione sociale” nei loro confronti, che nulla ha che vedere con il vero valore della lettura. Quello che conta, afferma, “è costruire veri lettori, lettori liberi. Mi interessa che questo bambino di dieci anni che ho di fronte, quando lo incontrerò per strada tra quarant’anni, mi dica: mi sono fatto un mondo di amici, tra Balzac, Gadda, senza imposizioni e senza obblighi”. E ancora, “il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”. 

Iscriviti alla Newsletter