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Nel 1854 fu lo stesso Camillo Benso Conte di Cavour a contattare il geniale inventore Salvatore Carcano chiedendogli, in maniera perentoria, se fosse disposto ad essere messo a capo dei lavori per modificare con urgenza 50.000 fucili destinati alle guerre del Conte piemontese. Il Carcano era un abilissimo e geniale inventore di armi e congegni, avendo prestato servizio militare nell’artiglieria lombarda e preso parte alle cruente battaglie delle Cinque Giornate di Milano, combattendo proprio a fianco del patriota Giulio Ricordi, nipote del fondatore dell’omonima e celebre casa editrice. Si arruolò, poi, nell’Esercito Piemontese nel gennaio 1849, e venne assegnato al Corpo Reale di Artiglieria, sezione armaioli, con una veloce scalata dei gradi: prima artista armiere, poi caporale e Sergente, nel 1852 venne congedato. Dopo, svolse sempre con lo stesso estro e con lo stesso genio tanti altri mestieri, fu pugile e costruttore di trappole per roditori, realizzatore di estintori, di attrezzature per illuminazione a gas ed elettrica, e non disdegnò di lavorare anche come barista. Forte della sua grande esperienza nel settore, entrò nella Regia Manifattura di Armi di Torino, dedicandosi appunto a ciò che gli era più consono come capacità: modificando armi, mettendo a punto sistemi particolari per la costruzione delle baionette, di canne di fucili, di fucili e armi varie. Ebbe anche un premio particolare nell’Esposizione Nazionale di Torino nel 1858, scalando sempre di più le gerarchie nelle varie fabbriche ove venne inviato in missione, anche in Svizzera in qualità di collaudatore di armi. Ma è noto soprattutto in relazione al famoso fucile Mod. 91. Con questa arma, conosciuta appunto con il nome di Modello 91 perché costruito nel 1891, il Carcano realizzò il massimo del suo ingegno, mettendo appunto un fucile che rivoluzionava il modo di combattere, dando la possibilità al soldato di sparare in rapida successione cinque colpi e facendo nascere il tipo di arma cosiddetto semi automatica, creando appunto il fucile Mannlicher-Carcano 91. Vi è da dire, però, che la partecipazione della famosa casa tedesca costruttrice di armi è soltanto limitata al sistema di caricamento delle cartucce che, per capirci, non dovevano essere inserite una alla volta per cinque volte nel caricatore, ma con una sola rapida operazione, venendo tenute insieme, appunto, da una guida di metallo brevettata dalla Mannlicher. Da allora l’arma è stata utilizzata in tanti conflitti, la rivolta di Milano del 1898, la guerra italo-turca, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Non tutti sanno però che il Mannlicher-Carcano-Parravicino, questa è la esatta denominazione del fucile Mod. 91, è anche l’arma con la quale è stato ucciso John Fitzgerald Kennedy, o almeno una delle armi, quella che certamente si sa che ha sparato e ha colpito il presidente, alle ore 12.30 del 22 novembre di 61 anni fa. L’esperto tiratore Lee Harvey Hoswald era già appartenuto al Corpo dei Marines, nel quale di era distinto, nonostante i tanti episodi di insubordinazione, per aver colpito durante un’esercitazione 48 target su 50, situati ad una distanza doppia rispetto a quella alla quale si trovò l’auto su cui viaggiava Kennedy. Per ciò, ricevette la qualifica di tiratore sceltissimo, tranne poi essere degradato a tiratore scelto per gli atteggiamenti sopra accennati. Nelle mani di Oswald il Mod. 91 divenne un’arma ancora più micidiale, perpetrando un crimine che forse come nessun altro cambiò le sorti di una nazione, e non solo. Nella poco conosciuta terminologia gergale legata al mondo degli armamenti e delle armi da tiro in particolare, negli ultimi tempi si sta parlando sempre più frequentemente di “potere di arresto”. Non si tratta di un fermo giudiziario per eventuali individui dediti a delinquere, ma di una sinistra terminologia legata alla capacità di un proiettile di abbattere una persona, nella fattispecie un soldato appartenente alle forze nemiche. In pratica tutti gli eserciti moderni si stanno interrogando in maniera solerte sulla nuova cartuccia da adottare per l’arma principale in dotazione alle truppe, ma checché se ne dica, anche questo mondo risente non di rado delle tendenze, più o meno legate e suffragate da ipotesi scientifiche. Nel famoso conflitto del Vietnam si introdusse un proiettile che a detta di molti racchiudeva tutte le qualità necessarie per una tremenda efficacia in battaglia: era sufficientemente potente da perforare anche lamiere di autocarri leggeri e di fuoristrada; abbatteva senza difficoltà un soldato nemico a distanze superiori al mezzo chilometro. Con un calibro (diametro del proiettile) di 7,62 mm offriva la possibilità di realizzare moderni fucili automatici con cadenza di tiro (teorica) di oltre 800 colpi al minuto; permetteva all’arma che lo utilizzava un’elevata precisione nel tiro, offrendo un buon compromesso tra lo spostamento all’indietro che dava al momento del tiro (in gergo, rinculo) e la velocità del proiettile stesso che si avvicinava ai 1000 metri al secondo. Ma i conflitti regionali sorti nel periodo in cui terminava la Guerra Fredda fecero capire ai vertici dei vari eserciti che vi era bisogno di un’arma più leggera, che offrisse ancor meno rinculo e che dovesse essere utilizzate non solo nelle sconfinate giungle dei Sud-est asiatico, ma anche negli anfratti di piccole abitazioni dell’Iraq, dell’Afganistan, di Sarajevo o del Kuwait; nei blitz notturni delle forze speciali in sobborghi cittadini, sulle navi, negli aerei, in tunnel scavati nel terreno, nelle strettissime scale di paesini e villaggi, nelle banche. Ecco allora un’arma più leggera e corta, e con la cartuccia più piccola: il calibro passa a 5,56 mm., la velocità del proiettile supera di poco gli 880 metri al secondo, la gittata utile per colpire il bersaglio tocca sì e no i 500 metri, e tutte le forze armate, all’inizio degli anni ‘90 adottano questa tipologia di armamento. Gli eventi dell’11 settembre 2001 cambiano ancora gli scenari, la guerra, o le guerriglie, sono o possono essere ovunque, non vi è più schieramento o democrazia che tenga, dappertutto si potrebbe presentare l’eventualità di uno scontro a fuoco, tra forze regolari o meno, con tecnologie obsolete o all’avanguardia, una lotta strana tra il pugnale e i satelliti, si pensi al tempo impiegato per individuare ed eliminare Osama bin Laden, rintracciato alla fine soltanto perché un collaboratore ne comunicò la posizione. Compagini armate, anche microregionalizzate, sorgono numerose e possono disporre di altissima tecnologia, sia che si tratti di un esercito, sia che si abbia a che fare con gruppi a ristretto numero di elementi. E qui sta il dramma. Il soldato dell’esercito più forte del mondo combatte con lo stesso equipaggiamento del componente di un gruppo armato di 15 persone, forse anche di 5. Ne viene fuori, constatano i vertici e gli analisti degli eserciti, anche di nazioni democratiche, che il proiettile più piccolo e le armi più leggere non bastano, viene coniata la ferale locuzione di “potere di arresto”, in pratica cosa serve per uccidere un individuo in uno scontro armato. Il proiettile deve essere più grande, con una maggiore velocità, più potente, così da avere una maggiore forza di penetrazione, così da neutralizzare i nuovi kit di protezione del combattente avversario, gilet, elmetti al kevlar, che si sono dimostrati efficienti nel bloccare il proiettile più piccolo, che non è più, ebbene è proprio così, “letale”. Non perfora più le varie protezioni sintetiche, né il corpo e gli organi vitali di chi si ha di fronte, e ora il calibro della nuova cartuccia dovrà essere aumentato, passando quindi a 6,8 mm e, ironia della sorte, il calibro del succitato, vecchio fucile Mod. 91 era di 6,5 mm, due decimali di millimetro di differenza, lo spessore di due capelli. Nuovi proiettili e, ovviamente, nuove armi, si parla di un contratto iniziale per 17.122 fucili, 1419 mitragliatrici, 21 milioni di cartucce, questo per il Governo U.S.A., lo stanno seguendo a ruota diversi altri. Maggiori fornitori del settore occidentale aziende svizzere, belghe, austriache, americane. A Flavio Vegezio Renato, funzionario alla corte di Teodosio, forse medico, è attribuito l’adagio latino Si vis pacem, para bellum, tratto dalla sua opera Epitoma rei militaris,
molto noto e utilizzato anche in ambienti militari, tant’è che è la denominazione di un tipo di munizione forse oggi la più usata al mondo, la “9 mm Parabellum”. Tradotto semanticamente vuol dire “se vuoi la pace, tieniti pronto per la guerra”, ovvero metti a punto tutte quelle strategie atte a reagire in maniera adeguata, efficace e persuasiva nel caso stessero per attaccarti e fai pure in modo che il nemico lo sappia. Viene forte da pensare, soprattutto in questi ultimi tempi, anche all’adagio del Mahatma Gandhi, “Con occhio per occhio, alla fine il mondo diventerà cieco”.

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