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Una storia particolare, diversa dalle altre per ragioni geografiche, sociali e soprattutto politiche. L’attuale Repubblica Democratica del Congo, dal 1971 al 1997 era meglio conosciuta con il nome di Zaire. In mezzo, troviamo la figura di Mobutu Sese Seko, uomo politico zairiano, segretario di stato nel governo Lumumba e capo di stato maggiore dell’esercito. Nel 1960 assunse i pieni poteri, facendo arrestare Lumumba sospendendo l’attività politica per tre mesi. In una situazione caratterizzata dalla minaccia di secessione del Katanga e da forti contrasti politici, nel 1965 depose il presidente Kasavubu e si proclamò capo dello Stato; nel 1966 assunse anche la carica di primo ministro, ministro della Difesa e degli Esteri. Nel 1971 il Congo prese il nome di Zaire nell’ambito di una campagna di riaffermazione della cultura africana. Ripetutamente rieletto capo dello Stato, il suo governo si caratterizzò in senso paternalistico e autoritario, con una politica estera segnata dai forti legami con l’Occidente. La sua gestione del potere, corrotta ed estremamente personalistica, proseguì anche dopo le modifiche apportate alla Costituzione nel 1990, che avevano abolito, tra l’altro, il controllo presidenziale sull’esecutivo. Attaccato all’interno dalle forze di opposizione e indebolito dalla sospensione degli aiuti economici allo Zaire, Mobutu cercò inutilmente di rafforzare la propria posizione e di riaffermare il suo ruolo di arbitro degli equilibri regionali, consentendo che lo Zaire fungesse da base logistica per l’intervento militare della Francia in Ruanda e ospitando nelle regioni orientali del paese i profughi ruandesi fuggiti dopo i tragici fatti del 1994.

Le dittature hanno spesso usato il calcio come veicolo di propaganda, e quella di Mobutu non fece eccezione: risollevò di tasca sua i cartellini dei giocatori, rinforzando le squadre congolesi che vincono ripetutamente la Coppa dei Campioni africana; grazie agli incentivi economici, lo Zaire diventa una buona squadra, che si pone anche come obiettivo principale la qualificazioni ai campionati mondiali di calcio del 1974. Prima, però, nel 1968, c’era da disputare la Coppa d’Africa alla quale tutto il popolo, in primis Mobutu, teneva a vincere. Si giocava in Etiopia, e la formazione guidata da Ferenc Csanádi capitò nel raggruppamento insieme a Ghana, Senegal e Repubblica del Congo. Già, perchè di “Congo” c’era anche un’altro Stato e un’altra nazionale che vinse questa manifestazione solamente quattro anni dopo. Esordio vincente per 3-0 proprio contro la Repubblica del Congo, poi sconfitta contro il Ghana e vittoria decisiva per la qualificazione contro il Senegal per 2-1. Semifinale, dunque, contro i padroni di casa dell’Etiopia. Poteva sembrare facile, ma non fu assolutamente così perchè il Congo, dopo un mozzafiatante 2-2 nei tempi regolamentari, ebbe la meglio solamente ai supplementari. E’ finale. Riecco il Ghana, una squadra già all’epoca molto forte per gli standard africani e che nell’altra semifinale eliminò la Costa d’Avorio dopo un match ricco di goal. Incontro tiratissimo, intenso e molto tattico nonostante le difese ballerine delle due squadre. Il Congo, grazie a un guizzo di Pierre Kalala, riuscirà a vincere la sua prima Coppa d’Africa della storia, un traguardo voluto, atteso e che mandò in estati una marea di sostenitori congolesi. E, ovviamente, fece fare salti di gioia a Mobutu che prontamente iniziò a sognare in grande visto l’eccezionale risultato ottenuto. Prossimo obiettivo? Continuare a crescere, e provare a centrare la qualificazione ai Mondiali tedeschi del ’74. Un pensiero forte, deciso, da grande sognatore. La Nazionale era consapevole che in Africa dettava legge nel vero senso della parola.

La formazione titolare del Congo vittoriosa nella Coppa d’Africa del 1968

Il Mondiale era ormai alle porte, e nel tra il 1972 e il 1973 lo Zaire iniziò il proprio percorso di qualificazione. All’epoca vi erano 24 squadre che si contendevano 1 posto per la fase finale, e si andava dal primo al quarto turno. Per lo Zaire ci fu l’ostacolo Togo da affrontare nel doppio confronto: 0-0 all’andata nella capitale togolese, e secco 4-0 tra le mura amiche zairiane. Nel secondo turno arrivò il Camerun, una squadra complicata da affrontare. Non a caso gli incotri disputati furono tre, perchè lo Zaire vinse 1-0 all’andata e perse con lo stesso risultato al ritorno. All’epoca non si guardavano molto le statistiche, soprattutto in Africa, ed è per questo motivo che venne disputato uno spareggio che lo Zaire disputò in casa e vinse per 2-0 accedendo, così, al terzo turno. Ancora una volta loro, ancora una volta il Ghana: sconfitta ad Accra per 1-0, e sontuoso 4-1 in casa. Lo Zaire, con il passare del tempo, stava consolidando la sua icona di corazzata africana, anche perchè dalla loro parte parlavano i risultati. Archiviata questa pratica, per gli zairiani era tempo di proiettarsi alla quarta ed ultima fase. Gruppo con Zambia e Marocco, squadre ostiche ma non proibitive. Quattro partite, quattro vittorie, punteggio pieno con 9 goal fatti e 1 subito. Game, set and match. Lo Zaire per la prima volta nella storia accede alla fase a gironi di un campionato del mondo di calcio. Un percorso basato su tanti e soprattutto importanti investimenti economici, che hanno portato lo Zaire ad avere quasi tutti i migliori calciatori africani dell’epoca. Gli eroi della qualificazione, come facilmente prevedibile, vennero ricoperti d’oro.

Era tempo di andare, di volare verso un qualcosa di veramente incredibile. Lo Zaire di Vidinic in Germania per confrontarsi con i grandi del calcio europeo e sudamericano, una roba spaventosamente incredibile come spaventoso fu il raggruppumento. Jugoslavia, Scozia e soprattutto Brasile. Da un lato c’era l’onore e l’opportunità di mettersi in evidenza contro i vari Jairzinho e Rivelino, dall’altra la paura di confrontarsi contro un qualcosa di gran lunga superiore. Purtroppo, per lo Zaire, si evidenziò il secondo aspetto citato: perde la prima partita 2-0 contro la Scozia, e la seconda addirittura 9-0 contro la Jugoslavia. Era davvero troppo, tanto che una persona ben nota nel mondo politico decise fortemente di scendere “in campo”. Per Mobutu l’onta è irreparabile: manda un jet privato con i suoi uomini fino in Germania, nel ritiro dello Zaire, per parlare in maniera piuttosto forte e decisa con i giocatori. La terza e ultima partita del girone è ancora più difficile delle prime tre: lo Zaire affronta il Brasile dei fuoriclasse che si porta velocemente sul 3-0. Nel finale, però, accade l’episodio più curioso della storia dei mondiali: Rivelino deve battere la punizione, ma Mwepu calcia via il pallone lontano. Ma perchè un simile gesto? Conoscevano le regole? Certo che le conoscevano, ma la verità è che gli uomini di Mobutu avevano minacciato di uccidere i giocatori e tutte le loro famiglie nel caso in cui il Brasile avesse segnato più di tre gol. Quando Mwepu calcia quel pallone il più lontano possibile non sta pensando alla partita e agli schemi di Vidinic, ma alla sua pelle e a quella della sua famiglia.

Brasile-Zaire,il famoso calcio al pallone di Mwepu

La nazionale dello Zaire è salva, ma viene comunque eliminata dal torneo viste le tre sconfitte in tre gare, ed è costretta a tornare a Kinshasa di nascosto per evitare problemi. Mobutu, per cancellare l’enorme fallimento, qualche mese dopo decide di organizzare uno dei più grandi eventi sportivi del ‘900: The Rumble in The Jungle, il leggendario match di pugilato tra Muhammad Alì e George Foreman, in quella che rimane forse la miglior interpretazione data su un quadrato da parte di un pugile. Ma questa è un’altra storia. La vera storia è quello di uno Zaire forte e protetto in Africa, debole ed insicuro fuori.

La locandia ufficiale del famoso incontro di pugilato tra Foreman e Ali

Dopo questa difficile esperienza, lo Zaire ritornò in campo in Egitto per disputare la Coppa d’Africa. Dopo i fatti accaduti c’era tanta paura e pressione, molta di più rispetto al primo successo ottenuto solamente cinque anni prima in Etiopia. C’era il timore di fallire, e di conseguenza di mettere nuovamente in pericolo la propria pelle e quella dei familiari. Da un lato, però, c’era da considerare il fatto che lo Zaire era una squadra molto competitva a livello africano, e per gli standard dell’epoca era anche una delle candidate per la vittoria finale. Accoppiamento con Guinea, Mauritius e Congo-Brazavile, praticamente lo stesso “Congo” affrontato nella precedente edizione con la differenza – classica all’epoca – di portare un nome leggermente diverso. Vittorie contro Gunea e Mauritius, sconfitta contro gli “amici” del Congo-Brazaile, ma lo Zaire aveva comunque centrato la qualificazione. Semifinale contro i padroni di casa dell’Egitto, e vittoria sofferta per 3-2. Strano il calcio, perchè anche nella precedente edizione lo Zaire affrontò la squadra organizzatrice del torneo nella stessa fase. Anche qui arrivò la finale, e di fronte c’era lo Zambia. Questa, come già detto in precedenza, non aveva grandi calciatori in rosa, ma dalla sua vanta una ferocità fisica e atletica invidiabile, di gran lunga superiore a quella dello Zaire. Spettacolare 2-2 nel primo incontro: Kaushi porta avanti gli zambiani al 40′, poi il pareggio di N’Daye al 65′. Tempi supplementari, e qui il gioco si fa duro: al 117′ lo stesso N’Daye firma il goal del sorpasso illudendo i tifosi, ma a tempo praticamente scaduto Sinyangwe firma il pareggio. La Coppa d’Africa non è stata ancora assegnata perchè bisogna rigiocare questa meravigliosa finale. Ma come, dopo tutto quello che hanno fatto, creato e realizzato in 120 minuti devono riconfrontarsi solamente due giorni dopo? Erano le regole dell’epoca, e per quanto strane e ingiuste andavano rispette. Si torna in campo, e questa volta lo Zaire non fallisce e mette in campo tutta la sua forza battendo per 2-0 lo Zambia grazie alla doppietta del solito N’Daye, diventato un vero e proprio idolo nonchè capocannoniere del torneo con ben 9 reti. Via la paura e i timori, per lo Zaire di Blagoja Vidinić è Campione d’Africa per la seconda volta nella storia.

L’undici titolare dello Zaire che si portò a casa la sua seconda Coppa d’Africa nel 1974
Mulamba D’Ndaye, eroe della Coppa d’Africa del 1974 e miglior marcaotre di sempre della Nazionale con 32 reti

Sono stati sicuramente quelli gli anni d’oro per il calcio congolese-zairiano, soprattutto in terra africana dove riusciranno a ritornare sul podio della competizione solamente nel recente 2015, e senza mai più assaporare l’emozione di disputare un Mondiale. Il Congo, in maniera piuttosto silenziosa e inaspettata , assaporerà la vittoria del Campionato delle Nazioni Africane nel 2009 e nel 2016, un torneo riservato a nazionali composte esclusivamente da calciatori militanti nei campionati africani.

Guardando al presente e nostri giorni, il Congo può ancora vantare una squadra più che competitiva a livello africano, complice anche le colonizzazioni francesi e belga che hanno portato molti più calciatori alla Nazionale negli ultimi anni. Stiamo parlando di Yannick Bolasie (origini francesi), Cedric Bakambu (origini francesi), Giannelli Imbula, Athur Masuaku e lo storico centravanti Dieumerci Mbokani, centravanti che nel corso della sua carriera si è fato ben apprezzare soprattutto in Belgio. Da diversi anni è stata sovrastata dall’elevato numero di campioni di cui dispongono i vari Senegal, Algeria e Marocco, ma il Congo è una mina vagante in grado di mettere in difficoltà chiunque. Provate a domandare alla fortissima Costa d’Avorio del 2015 con i vari Yaya Toure e Drogba in campo.

Dieumerci Mbokani, uno dei calciatori più imporanti della nazionale congolese degli ultimi anni


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