Maria nella storia dell’umanità è una figura che obbliga a considerare e a riconsiderare i requisiti di bellezza e di immanità, anche e soprattutto in riferimento ai tempi attuali. Vuoi che ci si richiami all’epopea universale, oppure a quella precipuamente biblica, riferita alla storia della salvezza, la Madonna permea, esalta e trascende la mera materialità dei fatti e delle vicende, dei concetti e della tangibilità. E’ la donna del silenzio, umile per sua volontà ed affermazione (Lc 1,48), quasi dimessa (Lc 1,38-48) compare nella storia pressoché nell’anonimato, non annunciata, quale madre di Gesù, nato povero e vissuto in una provincia denigrata tanto da far dire a Natanaele “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Ella non compie nessun miracolo nella sua vita terrena, che si conclude, secondo la tradizione, ad Efeso, cittadina distante circa 600 chilometri da Istanbul, o forse a Gerusalemme, proprio nella Valle del Cedron, sul Monte Sion, luogo da secoli deputato ad accogliere le sepolture. Fin qui la storia, ma all’alpha e all’omega della vicenda terrena di Maria vi sono due manifestazioni che straripano da ogni grandezza sperimentabile: se ciascun individuo è avvicinato ad un divinizzazione dalla grazia divina, che non manipola e non stravolge la natura umana, ma anzi la esalta, la sublima, nella Madonna, pur restando certe queste prerogative, gli eventi del suo concepimento e della sua Assunzione in punto di morte la pongono in una scena che necessariamente eccede ogni datità, ogni materialità. Così alta ma così vicina ad ogni uomo, serva (Lc 1,38) ma dimora dello Spirito Santo (Lc 1,35), che forse ella nemmeno conosceva gnoseologicamente, può darsi che nessuno glie ne avesse parlato, ma lo “Spirito che da sempre è in Maria, che la guida e la rende presente nei momenti salienti della vita di Gesù, degli Apostoli e della Chiesa nascente è lo stesso della Pentecoste che guida anche noi in questo tempo” (cfr. Elena BULZI, Flaminio FONTE, Maria, luce di Dio, Paoline Edizioni, 2018). Così Maria, in piena liberà, sceglie di dire “sì” al progetto di Dio, di fidarsi e di affidarsi; diverso è invece l’atteggiamento di Eva, che non si fida, non si affida e non pronuncia alcun “sì”. Entrambe, nel momento cruciale della loro vita non avevano conosciuto alcun peccato originale, accomunate da tale aspetto ma divise da atteggiamenti opposti. Se la morte, nelle vicende dell’uomo che incontra Dio, segue al peccato, allora Maria non l’ha conosciuta, è l’omega che richiama l’alpha, e viceversa, l’Immacolata Concezione le dà una Assunzione in Cielo in anima e corpo, in punto di morte. Ancora una volta, ella è prima, modello di tutti quelli che, salvati da Gesù, nei tempi ultimi risusciteranno da morte, a lei il privilegio unico di non aver avuto il suo corpo decomposto, nonostante la sua fosse solo natura umana. Lo Spirito Santo scende sulla Madonna nell’istante della sua concezione nel seno materno, agisce in lei sottraendola al peccato originale e riempendola dei Suoi doni in modo così sovrabbondante che la rende piena di grazia e “Immacolata”, “dimora dello Spirito Santo”. E’ tutto pronto, il Mistero Pasquale, il compimento, nella passione, morte, risurrezione e Ascensione di Gesù, del disegno di Dio di condurre tutti gli uomini alla salvezza e alla conoscenza della verità e lì (Sacrosanctum Concilium, 5). Ormai è fatta, Maria è una cosa sola con l’opera della salvezza del Figlio suo: “la santa Chiesa venera con particolare amore la beata Maria, madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo: in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza.” (Sacrosanctum Concilium, 103). E allora imitiamo Maria, lei è modello per tutti, credenti e non, è riferimento tra le gioie e le fatiche umane, “cammina con noi nel lungo snodarsi dei secoli, infondendoci coraggio, perseveranza, luce. La sua postura è quella di una Sorella che, prima di noi, ha battuto le ardue vie della fede, e sa condividere e accogliere; è quella di una Madre che mai abbandona il figlio, ma lo soccorre e l’aiuta a risolvere i pasticci che si infiltrano nel nostro quotidiano, a sciogliere quei nodi che ci impediscono di scorgere il Volto del Padre”, ci suggerisce Cristiana Dobner, filosofa, teologa e biblista, ora nelle Carmelitane Scalze. A Maria chiunque può ricorrere in tanti modi, a seconda di ciò che ciascuno di noi “ha elaborato prestando ascolto al mistero che si insinua e si fa spazio nel concatenarsi dei giorni”. Hermann Hesse, poeta, scrittore e pittore di origini tedesche e poi naturalizzato svizzero, Premio Nobel per la Letteratura nel 1946, è uno degli uomini che senz’altro ha cercato di prestare ascolto a tale mistero, che si insinuava e si faceva spazio nella sua vita di ogni giorno. Figlio di genitori pietisti (il pietismo era un moto di riforma in seno al luteranesimo, che dava risalto alla riflessione spirituale interiore, come reazione al dogmatismo e al razionalismo della teologia luterana), ha trascorso tutta la propria esistenza nella ricerca profonda di “un equilibrio tra anima e corpo, tra spiritualità e materia. Ha meditato a fondo sull’insegnamento di Gesù e sul significato che avesse in riferimento alla propria esistenza. I suoi capolavori letterari sono molteplici, alcuni tratti di essi sono raccolti nell’opera Religione e Mito, per i tipi della Mondadori, è bello epilogare con una sua prosa, a mo’ di pensiero per le nostre realtà: Ridi perché ho pregato; mi dispiace che tu abbia visto e non abbia taciuto… L’ho imparato da ragazzo. Vorrei leggere nei tuoi occhi che comunque hai capito. Non sei mai stato bambino?