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Addio a Bruno Pizzul, storico giornalista sportivo della RAI, fautore di cavalcate inimmaginabili e in grado di narrare in modo impeccabile le gesta della Nazionale italiana di calcio. Nato a Udine l’8 marzo del 1938, tra pochi giorni avrebbe compiuto 87 anni, lunghissima è stata la sua parentesi: entrato nel 1969, divenne voce ufficiale RAI ai Mondiali del 1986 sino all’Agosto del 2002, anno della sua ultima partita da telecronista (Italia-Slovenia). Il computo totale è sorprendente tanto da annoverare a curriculum, 6 Mondiali, 5 Europei e svariate partite della Serie A.

Un legame viscerale con il mondo “pallonaro”, icona anzi emblema assoluto di un calcio differente, sublime, poetico. Poesia che trasudava dalle sue impeccabili telecronache le quali, hanno avuto il potere magnetico, di attrarre innumerevoli giovani e di creare quel connubio perfetto, quel ponte tra antiche e nuove generazioni, soprattutto nelle grigie domeniche pomeriggio.

Professionista a tutto tondo, maniaco del controllo e dei dettagli, Bruno Pizzul ha avuto la “fortuna” e la bravura di raccontare, dannatamente bene, pezzi di storia di Nazionali degne di nota, colme di campioni e di uomini di altri tempi.

Lascia la sua famiglia in quel di Gorizia, città nella quale Bruno iniziò a muovere i primi passi, ma da calciatore, nelle giovanili della Pro Gorizia, trafila interrotta complice un brutto infortunio che, di fatto, spense sul nascere le speranze di quel giovincello in erba.

Impostazione decisamente sobria e pacata la sua, contraddistinta da una delicatezza fuori dal comune, da sottolineare è certamente il suo must, il suo marchio di fabbrica… la sua voce nasale, tremendamente efficace, suadente, affascinante, elegante.

Ciao Bruno e addio probabilmente, anzi sicuramente ad un calcio che non rivedremo mai più.

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