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Le ipotesi al vaglio del governo per contenere la crescita di positivi al Covid: una settimana per decidere se far uscire solo chi va al lavoro o a scuola. Dagli spostamenti tra Regioni a bar, ristoranti e palestre: ecco tutte le possibili strette di fronte all’aumento dei contagi e delle terapie intensive

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

ROMA — L’incontro con le Regioni per concordare altre chiusure è fissato per oggi. Con il trascorrere delle ore, ma soprattutto con l’aumento di ricoveri e decessi per Covid-19, il governo programma un’ulteriore stretta.

Se entro una settimana non arriveranno effetti positivi grazie ai provvedimenti già presi — primo fra tutti l’obbligo di mascherine — Giuseppe Conte potrebbe vedersi costretto a imporre il coprifuoco in tutta Italia con un nuovo Dpcm, o addirittura consentire l’uscita dalle abitazioni soltanto per andare a scuola o al lavoro, dunque limitando al massimo le «attività non essenziali».

Il parametro non cambia: monitoraggio della curva epidemiologica e numero di terapie intensive. Intanto si lavora all’elenco delle attività «non essenziali», che potrebbero essere fermate — anche con un’ordinanza del ministero della Salute — se i numeri dei contagi dovessero aumentare troppo velocemente.

Roberto Speranza, che guida con Dario Franceschini l’ala dura del governo contro il virus, lavora d’intesa con i presidenti delle Regioni sulle nuove ordinanze. Conte resta contrario a un lockdown nazionale, mentre Speranza continua a non escludere la possibilità di un «reset», anche solo due settimane, per dare fiato al sistema sanitario. «Valutiamo la curva e ci teniamo pronti».

Medici di base

Mentre studia le nuove regole, il governo accelera sul fronte sanitario. Parte della strategia di contenimento è scritta nell’«Atto di indirizzo per la medicina convenzionata», che sarà lunedì sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni, con medici ed esponenti dei sindacati. Lo scopo è rafforzare le attività territoriali per migliorare la diagnostica e prevenire il dilagare dei contagiI medici di famiglia saranno dotati della strumentazione «per consentire una più efficace presa in carico degli assistiti» non Covid, così da ridurre la pressione sugli ospedali.

Test rapidi in farmacia

Dopo tante resistenze si va verso l’accordo che metterebbe i medici di base, «su adesione volontaria», in condizione di somministrare le migliaia di test rapidi acquistate dal commissario Domenico Arcuri. Un’altra novità importante l’ha annunciata Speranza alle Regioni: «Proviamo a fare una sperimentazione, come a Trento, per effettuare i test antigenici rapidi anche in farmacia». Si lavora anche a un bando per selezionare duemila operatori che effettueranno test e tamponi e informeranno gli italiani sulle procedure. «Con un’ordinanza della Protezione civile — ha spiegato il ministro Francesco Boccia — si creerà un contingente per potenziare le reti sanitarie interne alle Asl e rafforzare le operazioni di tracciamento».

Spostamenti tra Regioni

In alcune regioni i centri commerciali sono aperti nel fine settimana, in altre devono essere chiusi. C’è chi obbliga al rientro a casa alle 23, chi alle 24, chi non mette limiti. In questa situazione c’è il rischio che i cittadini varchino i confini territoriali e per questo non è escluso che già venerdì i governatori concordino limitazioni agli spostamenti.

Coprifuoco

Se tra sette giorni non si sarà invertito l’andamento della curva, scatterà il coprifuoco in tutta Italia alle ore 21. Una misura estrema, che il premier Conte aveva inizialmente respinto anche perché comporterebbe la serrata di bar e ristoranti. Limitando gli spostamenti gli scienziati sperano di frenare la corsa del virus, così da non arrivare a quella soglia massima di terapie intensive — 2.300 — che rischia di far scattare il lockdown.

Palestre e piscine

La scadenza di sette giorni concessa da Conte per adeguare i protocolli è fissata a lunedì. Ieri le associazioni di categoria hanno consegnato al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora le linee guida che rendono obbligatorie tutte le prescrizioni finora facoltative: misurazione della febbre agli ingressi, lezioni individuali negli spazi stretti, percorsi differenziati negli spogliatoi. «I controlli dei Nas dimostrano che le norme vengono rispettate, chi le viola è stato già chiuso», ribadisce Spadafora. Non resta che attendere il «verdetto» di Conte.

Sale giochi

Altissimo rischio anche per le sale giochi. Molte Regioni hanno già stabilito la chiusura alle 18. Si tenta di lasciarle aperte nelle ore pomeridiane, quando è minore l’affollamento, ma non è affatto scontato che il tentativo sarà confermato nel caso la situazione non migliori.23 ottobre 2020 (modifica il 23 ottobre 2020

www.corriere.it

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