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La memoria è sempre apportatrice di valori alti che provengono dall’intima essenza dell’uomo. E’ un esercizio libero e spontaneo con cui ogni essere umano riscopre ciò che è, e forse perché è. Ricordare è rendere perennemente presente ciò che è stato ed anche perché è stato, rappresenta una sorta di ulteriore conoscenza che sovente va oltre ogni sapere acquisito, rimandando ad esso e allo stesso tempo prescindendo da esso. Per Luis Sepùlveda fare memoria ha rappresentato una vera e propria maniera di comprendere, interpretare e scrutare il mondo, e soprattutto il Sud del mondo, fino a farlo definire “lo scrittore del sud del mondo”. Ha scritto storie e poesie, la sua letteratura è stata per un’ecologia forte, di azione, ha dato voce ai popoli del Sud America che venivano sempre più sfruttati, ha parlato, anche con il suo impegno politico, contro gli effetti sfavorevoli lasciati dalle varie dittature militari. Ha parlato di razzismo non solo del Sud del mondo ma anche in Europa, spesso ha affermato di “non sapere fare altro che scrivere storie”, si è definito un essere sociale che “vuole occupare solo un piccolo posto nel labirinto della storia. Da questo punto di vista, sono il cronista di tutti coloro che giorno dopo giorno vengono ignorati, privati della storia ufficiale, che è sempre quella dei vincitori”. Insieme a Diego Armando Maradona, seppur in modi e mondi diversi, ha rappresentato una delle (poche) bandiere che hanno sventolato in difesa del Sud del pianeta e del Sudamerica, entrambi hanno incarnato, volontariamente o involontariamente, la figura di chi ispira l’affrancamento, la rivalsa sociale, il riscatto autentico e senza compromessi. Quasi sconosciuto l’uno, famosissimo l’altro, ma tutti e due naturalmente assurti ad emblemi della lotta contro ogni tirannide, di quell’anelito alla libertà individuale che ciascuno di loro ha testimoniato nel proprio ambiente. Le lacrime versate per la loro morte sono state anche lacrime per un Sud che è sempre meno rappresentato, considerato, osservato, studiato, ma che, di contro, è sempre più dimenticato, abusato, affamato. Il rapporto pubblicato dall’Istituto di Ricerca Economica Applicata qualche anno fa è sintomatico: il 94% della popolazione del Venezuela vive nella povertà più assoluta, mentre il 77% soffre la fame, così come il 44% in Messico e il 42,5% in Colombia; in Argentina 4 abitanti su 10 hanno difficoltà serie nel portare alimenti nelle loro case, mentre in Brasile, nonostante le ricchezze del sottosuolo e quelle di una risicata fascia di popolazione, il 54% delle famiglie sono povere. Anche se rappresentano un’agognata meta per i turisti di mezzo mondo, i Caraibi hanno un tasso di povertà che sfiora il 34% (fonte Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi). Si tratta di 230 milioni d’individui che si confrontano ogni giorno con una miseria sempre più ingente. Secondo stime dell’U.N.H.C.R., in Africa circa 400 milioni di persone sono considerate sotto la soglia di povertà, e tutta la popolazione vive in media con meno di 2 dollari al giorno. Una sterminata marea di poveri, e ciò che spaventa e rammarica profondamente, sempre più ignorata dalla parte nordoccidentale della Terra. Per questo Maradona ha rappresentato e rappresenterà sempre la parte Sud di questo pianeta, anche lui per vincere e per affermarsi ha avuto quasi bisogno di portare alla ribalta, alla fama, ciò che era atavicamente svantaggiato e penalizzato, sia dal punto di vista socioeconomico che calcistico, è andato controcorrente e contro la storia, mostrando a tutti che anche chi non era molto titolato e famoso poteva comunque vincere, nella vita e nello sport. Qualcuno ha detto che “la dittatura oggi si chiama povertà”, povertà contro la quale Luis Sepulveda ha sempre combattuto, lo scrittore e giornalista cileno, soleva parlare tra il serio e il faceto, soprattutto con alcuni amici giornalisti, di un “apparecchio portatile per riconoscere i nemici dell’umanità”, ed è ovvio che tra i nemici dell’umanità vi era e vi è la povertà. Amava il calcio, ed anche lì diceva di simpatizzare per il Barcellona ma, non smentendosi mai, affermava: “Amo i club «poveri» come il Getafe o il Chievo, realtà miracolose”. Come il “miracolo” operato da Maradona nella realtà di Napoli. Pur accomunati da tanto, la loro storia è terminata in modi diversi, nel clamore mediatico mondiale per il pibe, praticamente ignorato l’altro, ma non conta, ciò che è invece importante è che con la loro morte il Sud è diventato più povero e ancora più ignorato, le lacrime versate da tanti sono anche per questo fatale allontanarsi di una parte del mondo da un’altra. “Vola il tempo da Nord, sopra un uccello Nero. È un vecchio fantasma che si trascina dietro città abbandonate e annunci spettrali dal fondo di uno specchio. Tutto vuole marcire sotto il deserto ardente. La parola vendetta geme nei morti tutti e mi chiedo perché, versate tante lacrime, non sono qui spuntati i grigi cardi. Passa un mercante tra le sepolture, nella cenere fruga con i piedi, annota cifre sopra un vecchio libro. Dal registro dell’usura mi gocciola qualcosa di gelato sulla schiena”. Così Luis Sepùlveda in Istruzioni per il Viaggiatore, Poesie (1967-2016), a cura di Alejandro Céspedes, Poeti della Fenice, Milano, 2022.

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