Il mondo del calcio è bello perché offre sempre delle bellissime storie. Una di questa ce la racconta Antonio Casaburi, commerciante di prodotti tipici del Cilento nella piccola e suggestiva Santa Maria di Castellabate. Come ci racconterà lui stesso, la sua è stata una lunga esperienza partita dalla Germania per poi terminare nel suo paese con la Polisportiva Santa Maria.
In terra tedesca, Casaburi ha scritto pagine importanti della storia dello Sportverein Esperiea Italia, una società calcistica italiana presente da oltre 25 anni a Neu-Ulm. La fondazione di questa società rispecchia un pezzo di storia tedesca-italiana del dopoguerra. Si ricordano i tempi in cui, a seguito del miracolo economico tedesco, molti italiani immigrarono in Germania trovando un lavoro ed una seconda patria.
Nel 1965, in Italia, un piccolo gruppo di tifosi della SV Esperia gettarono le basi per la fondazione della SV Esperiea Italia Neu-Ulm, con lo scopo di tenere alto lo spirito sportivo italiano anche in Germania. Diventarono membri della federazione sportiva bavarese e parteciparono da allora ai campionati da questa organizzati. Da 25 anni, la SV Esperia Italia Neu-Ulm è sinonimo di attività sportiva, allegria di gioco e fratellanza internazionale.
L’allenatore dell’epoca Antonio Casabuti ha guidato questa squadra per sette anni. Nel 1978-79, però, l’incarico passò a Weichsberger che al termine della stagione si classificò all’undicesimo posto.
La stagione 1979-80 vide l’Esperia impegnata su due fronti: nella “Coppa Italia” si classificò al secondo posto perdendo la finale contro l’Inter di Monaco per 3-1, e in campionato ottenne un sesto posto. Gli eventi che caratterizzarono l’anno successivo, però, furono l’elezione di Vecchiato come presidente dell’Esperia il quale succedette a D’Ercole in questa carica con il ritorno in panchina del “vecchio” allenatore Casaburi che subentrò a Weichsberger.
Il cambio in panchina segnò una tappa importante nel processo di rinnovamento della società e contribuì a stimolare sia la prima che la seconda squadra. Le due formazioni, infatti, si classificarono rispettivamente al terzo e quinto posto nella stagione 1980-81.
IL RACCONTO DI ANTONIO CASABURI
“La FIGC Baviera ammetteva gli stranieri nel proprio campionato. Ci iscrivemmo in quel campionato e partimmo dalla Terza Categoria vincendo tre campionati. La mia squadra era un mix tra sardi, pugliesi, calabresi, siciliani, campani, e anche qualche straniero di qualità. Nel mio team c’erano un paio di jugoslavi di alto livello, un greco, e tre spagnoli. Tra i ragazzi, inoltre, c’erano anche tre di Santa Maria di Castellabate, ossia Massimo Addesso, Gennaro Chiariello e Vincenzo Scola.
Il Sindaco di quella città dove giocavamo ci ha fatto un saluto di benvenuto per la nuova stagione. Oltre al campionato, c’era la Coppa Italia del Consolato Italiano. Noi facemmo la finale contro TSV di Monaco di Baviera che era la squadra del Consolato composta per lo più da dei giganti che si ritenevano dei grandi fuoriclasse. Il risultato fu 2-1 per noi sia all’andata che al ritorno. Quando ritornammo lì sul loro campo dopo due settimane, c’era lo stadio pieno e demmo spettacolo. I nostri avversari erano validissimi, le tribune erano attaccate al campo e c’era un grande tifo.
Nel campionato del 1972-73, l’Esperia Neu Ulm partecipò con due squadre più le riserve. Alla guida della prima squadra debuttai giovanissimo, avevo 24-25 anni. Allenai la squadra per circa 12 anni lasciando delle impronte indelebili nella storia del club.
Adesso, da quello che mi hanno detto, giocano in quarta serie, ma gli italiani ormai lì non ci vanno più. Una volta, negli anni ’70, c’era un boom di italiani con tante persone di Santa Maria di Castellabate. Poi, con la crisi economica ed energetica in Europa, iniziò un po’ a diminuire l’afflusso di italiani, tant’è vero che io in squadra avevo più stranieri. Noi, poi, lavoravamo. Io lì ho fatto la Promozione e l’Eccellenza, poi sono tornato in Italia.
Ancora oggi ricevo chiamate da ex calciatori. Noi, con quella squadra di Monaco di Baviera, perdevamo in casa 1-0, ma nella ripresa ribaltammo l’incontro. Ero un po’ demoralizzato, e alcuni calciatori venivamo da me per consolarmi. Tra questi c’era l’attaccante spagnolo soprannominato “El Gallieco”. A fine primo tempo venne vicino a me e mi disse “Hombre, tranquillo se gana!”. Io ero alle prime armi e loro, esperti, venivamo vicino a me per incoraggiarmi. Quando potevo, inoltre, giocavo pure. Sono e rimarranno per sempre dei ricordi indelebili”.
Intervista a cura di Gerardo Guariglia