Sulle note gustative del rosato con cui ci siamo lasciati con Torre dei Beati, continuiamo ma questa volta con un bianco.
Uno dei simbolo enoici dell’Abruzzo, espressione di un territorio e di una tecnica di vinificazione che mette d’accordo tutti.
Per chi si fosse perso qualche passaggio, Torre dei Beati è una realtà aziendale che opera nel settore enologico dal 1999 e che ha perseguito fin da subito la filosofia biologica nella produzione dei propri vini.
C’è un’attenta selezione delle uve già in fase di raccolta che è manuale e in cassette di legno da 20 kg, subito portate poi in cantina dove avviene un’ulteriore cernita su tavolo.
Un rispetto per la natura, un amore per il proprio lavoro e per i frutti che esso porta.
“Ogni vite è un individuo, con le sue caratteristiche, i suoi piccoli vizi, e la sua capacità di dare il meglio se attentamente ascoltato. Ed è proprio la capacità di ascolto l’attitudine più importante per il viticoltore.
Ascolto della natura nel suo territorio, dei suoi equilibri delicati eppure robusti, ascolto del brusio generale della popolazione di viti, ascolto intimo della voce silenziosa di ogni singola vite, a partire da quella sorta di danza propiziatoria del potatore esperto nei mesi invernali, che armonizza la conoscenza della singola pianta con la naturalezza dell’interpretazione e del movimento ritmico
senza discontinuità. La vigna, come un figlio adolescente, ti sfida ogni volta a dimostrarle se tieni veramente a lei o sei solo un passante distratto.” [Dai racconti dell’azienda sul sito web]
È uno scambio di energie, l’uomo da alla vite la parte migliore di sé, prendendosene cura, la vite così, sana, sprona l’uomo sempre di più, rendendolo migliore.
Ascoltare l’uomo è una qualità rara, ascoltare la natura è un’arte.
E la propensione a quest’arte ha portato Adriana e Fausto a recuperare un vitigno autoctono di scarsa produttività ma di grande interesse enologico: il pecorino.
La verità è che questo vino mi piace troppo!
“Giochetemo con i fiori” Abruzzo DOC: Pecorino 100% allevato a circa 300 m.s.l.m. con esposizione est-nordest, impiantato nel 2005 su terreno argilloso-calcareo su substrato sabbioso. La vinificazione avviene in acciaio come anche la maturazione per circa sei mesi sui lieviti.
Giallo paglierino con riflessi dorati, archetti come piacciono a me, accoglienti. Al naso si esprime con profumi di frutta, la pera, i fiori bianchi, e un ricordo dolce di miele, salvia e camomilla. L’accoglienza che perpecivo prima al calice, la sento ora in bocca, questa morbidezza che si apre subito dando spazio ad una acidità e ad una mineralità che lasciano il palato soddisfato e perfettamente in grado di godere della lunga persistenza di cui questo vino è caratterizzato.
Un vino vivace, che esprime la propria personalità al massimo portando alto il nome del pecorino e facendosi apprezzare all’unanimità per la sua semplicità.