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E´ il 2014 quando durante la Consensus Conference organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità si dava una definizione della nuova disciplina Medicina Narrativa intesa come una metodologia d’intervento clinico assistenziale. A partire dagli anni 90 il settore pubblico sanitario è stato investito da un cambiamento profondo, dove si è assistito al passaggio da un approccio di tipo burocratico a un modello teleocratico, inteso come l’insieme di strumenti utili per raggiungimento di un fine/obiettivo. C’è stata una grande presa di coscienza sui modelli preesistenti e una necessaria trasformazione di questi, all’interno del settore sanitario, per raggiungere qualità, efficacia ed esperienza. La centralità del paziente è da considerarsi al di sopra di ogni logica economica, è proficuo sostenere una rinnovata etica dell’agire, che investa sia l’aspetto normativo, culturale, ma anche quello del comportamento  e del linguaggio. I pazienti e le famiglie che vivono l’esperienza della malattia necessitano di una buona comunicazione. Proprio attraverso di essa, come sosteneva Gregory Bateson si definisce la relazione interpersonale; il professionista non è solo chiamato a prestare un servizio di alta qualità professionale, ma anche di alta qualità umana.

L’umanizzazione delle cure si nutre di parole, racconti e narrazioni che il paziente fa di sé e del proprio stato di salute, attraverso queste forme di espressione egli definisce una nuova modalità del suo essere nel mondo. La narrazione diviene la strada per comprendere l’incomprensibile, spiegare l’inspiegabile al di là del pensiero razionale. L’atto del narrare ordina l’esperienza della malattia al fine di comprenderla tenendo presente le istanze soggettive  e non più assolutistiche.

E’ necessario tornare a vedere il pazienze e le sue esigenze non solo fisiche, ma emozionali: la cura è anche questa.

Foto presa dal Web

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