Con I Cacciagalli finisco il rosato leggermente frizzante Vient ‘e Terra, o meglio finisce la bottiglia e ne apro un’altra, stessa azienda, quindi sempre Campania, sempre Sannio beneventano, ma questa volta è un bianco, un fiano, lui è ZAGREO.
Chissà se sapete che il nome “Zagreo” è legato al divino, all’antica Grecia. Il mondo greco con le sue divinità è così affascinante quanto intricato. Zagreo, figlio di Persefone e Zeus, figlio prediletto dal padre che lo destinò a regnare sull’interno universo, fu fermato dai Titani che sotto ordine di Era (gelosa) lo fecero sparire, catturandolo e divorandolo. Prima di essere catturato Zagreo fuggì tanto dai Titani trasformandosi in vari animali fino al momento della cattura in cui aveva le sembianze di un toro. I Titani non riuscirono però a togliere di mezzo ogni parte di Zagreo, Atena infatti riuscì a salvare il suo cuore, lo portò a Zeus che lo inghiottì e lo rese immortale, facendolo rivivere in Dionisio. La mitologia poi narra che i Titani furono sconfitti fulminati e dalle loro ceneri – o, più precisamente, dal fumo di esse – nacquero gli uomini.
Insomma come per ogni mito, i greci hanno saputo creare attorno ad una nome, ad una figura, qualcosa di estremamente accattivante, che cattura l’attenzione e fa provare un certo brivido enfatico.
Devo dire che l’associazione a Dionisio ci sta tutta.
Marco e Diana qui avete fatto davvero un ottimo lavoro: Zagreo è un vino che risveglia i sensi, ti piace, ti cattura.
“Zagreo” Roccamonfina IGT, Fiano 100% allevato su terreni vulcanici ricchi di sabbia e calcare secondo metodi biologici e biodinamici. La sua resa è molto bassa (40-50 q/ha) a vantaggio della sua qualità. La fermentazione avviene in anfora su lieviti indigeni, fa una lunga macerazione senza essere chiarificato né filtrato. Affina alcuni mesi nell’anfora di fermentazione per poi essere imbottigliato.
La vendemmia 2018 è una bevuta davvero interessante. Ogni sorso non è mai banale, nonostante si vada avanti, c’è sempre qualche pizzico di novità gusto-olfattiva che rende la bevuta estremamente piacevole, e goduriosa.
Alla vista si presenta con questo suo manto dorato degno del nome che porta. Il naso è un’esplosione di agrumi, erbe aromatiche, limone, menta, rosmarino, fiori bianchi, la primula, il giglio, e poi alla fine si fa spazio negli orifizi olfattivi anche dei cenni sulfurei che danno quella spinta in più a questa bellissima percezione complessiva. Il sorso poi è intenso quanto l’odore, si equilibrano perfettamente. Nessuno prevale sull’altro ed è davvero bello degustare un vino così. Al palato si percepisce la grinta, la forza, o meglio l’energia che conserva in sé, e che gli permettono di espandersi in bocca in ampiezza e svilupparsi subito in altezza grazie alla sua memorabile freschezza, il tutto a mantenere una persistenza lunga e ben distribuita a toccare ogni percezione sensoriale in quel momento coinvolta.
Insomma mi è piaciuto tanto.
Bravi. Bravi. Bravi.
Immagine di copertina:
Brigida con una bottiglia di Zagreo finita troppo presto.