Gli aneliti di pace di Rossellini. Intervista al critico cinematografico Massimo Mirra, dell’Università di Salerno

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Massimo Mirra è un esperto del cinema di Roberto Rossellini con due saggi scritti sul grande cineasta, con la prefazione del figlio Renzo Rossellini: Il trascendente e lo spirituale nel cinema di Roberto Rossellini e Il cinema di Roberto Rossellini nella prospettiva didattica e psicopedagogica. Ha partecipato a convegni vari in tutta Italia e sempre sul cinema rosselliniano e sul neorealismo. E’ stato critico cinematografico nella trasmissione televisiva COSE DA PAZZI, ideata e realizzata da Alfonso Paoletta e Barbara Varrone. Ha presentato diversi libri, tra i quali un bellissimo lavoro del Prof. Maurizio Cianci, ed ha pubblicato recensioni critiche su quotidiani locali e nazionali. Ha anche collaborato con la professoressa Chiara D’Alessio, docente di pedagogia generale presso l’Università di Salerno. Ha approfondito e studiato, con pubblicazioni che usciranno nei mesi successivi, il rapporto tra cinema e neuroscienze. E’, tra l’altro, in uscita un nuovo saggio sul cinema di Roberto Rossellini dal titolo Il cinema di Roberto Rossellini tra aspetto corale, storia e proposta didattica. E’ editorialista della rivista nazionale “Professione docente” diretta dalla prof.ssa Renza Bertuzzi.  Scrive sul sito GRISSAR, Gruppo Ricerche e Studi su Storia, Antropologia, Religioni. È cultore della materia presso l’Università degli Studi di Salerno per il corso di laurea “Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale” (LM- 65), Autori e stagioni del cinema italiano del prof. Pasquale Iaccio. Lo ringraziamo fervidamente per aver concesso, in esclusiva per Resportage, questa intervista.

*Professore, nel cartello introduttivo del film Germania Anno Zero, si legge “Persino la prudenza dell’infanzia ne viene contaminata e trascinata da un orrendo delitto ad un altro non meno grave, nel quale, con la ingenuità propria dell’innocenza, crede di trovare una liberazione dalla colpa”.  La bramosia di concordia e di pace di Rossellini, lei pensa, può aver avuto un naturale riversarsi nell’idea di una sorta di redenzione, non solo del singolo, ma dell’intero consesso umano?

Iniziamo col dire che quel famoso cartello che dice e sostiene una frase, da lei correttamente e giustamente annoverato, costituisce in effetti una sorta di didascalia iniziale imposta a Rossellini dalla censura. Infatti nella versione filmica tedesca “Deutschland  im jahre null” del 1947 il cartello non compare. Rossellini non ebbe molti problemi con la censura, ne passò quasi indenne, tranne in questo film, nel prologo iniziale del film “Francesco Giullare di Dio” e in “Vanina Vanini”. In quest’ultimo film si trattò, però, soprattutto di un conflitto con i produttori. Tornando alla domanda da lei posta in riferimento a “Germania anno zero”, film che Rossellini volle dedicare alla memoria del figlio Romano scomparso prematuramente l’anno precedente alla realizzazione di questa opera filmica, possiamo dire che esso rappresentò un grido di dolore, nonché atto d’accusa, perché il protagonista principale Edmund – un bambino –  risulta essere innocente persino nel suo atto di suicidio, anzi diventa l’agnello sacrificale per tutte le colpe commesse dagli altri. Edmund rappresenta una sorta di Cristo che percorre la via crucis senza il conforto, forse, di nessuna forma illuminazione superiore. Eppure questo film, molto tragico, contiene in sé anche il seme della resurrezione e della speranze. Lo stesso Rossellini dirà che il finale del film era e rappresentava una vera luce di speranza: “Edmund si abbandona a questo grande sonno che è la morte e da lì nasce il nuovo modo di vita, il nuovo modo di vedere, la voglia di speranza e di fede nel futuro, nell’avvenire e negli uomini”. Rispetto a tutto ciò Rossellini, a mio modo di vedere, indica, con questo film, l’idea di una sorta di redenzione dell’intera umanità.

  • In molti hanno affermato che il regista viveva, in maniera serena ma profonda, “un modo di vedere «gli altri» come «prossimi», nel senso cristiano del termine, superando la loro appartenenza ad una determinata classe sociale e culturale”.  Come si coniuga tale visione con la produzione nel periodo del fascismo?

I tre film definiti di propaganda fascista, in riferimento alla cosiddetta trilogia della guerra fascista, rappresentavano per Rossellini una sorta di apprendistato. In effetti i tre film in oggetto più che opere di propaganda fascista furono opere di propaganda bellica. Vale la pena di ribadire che Rossellini rimase quasi sempre estraneo alle preoccupazioni politiche. La sua è stata sempre una posizione individualistica ed anarchica. Non ebbe mai la tessera fascista. Ciò che lo interessava in questi film era il grande lavoro con l’equipe del Ministero della Marina diretto dal capitano di corvetta Francesco De Robertis, lo stesso che gli consentì sia di migliorare la sua già raffinata tecnica cinematografica, sia di lavorare abilmente e in chiave magistrale sugli attori o meglio sulle persone in quanto attori. A mio modo di vedere la sua visione profondamente cristiana si coniugava con la sua produzione filmica – non necessariamente di impronta fascista –  nel periodo fascista attraverso la grande fiducia che il regista romano riponeva nell’uomo a tutto tondo.

  • Quanto è vero lo stereotipo applicato a Rossellini che “non aveva bisogno di appoggiarsi a schemi o consuetudini per girare un film, per lui l’ispirazione veniva sul posto e sul momento”?

In effetti, prof. Vitale, questo stereotipo applicato a lui come qualcosa di deleterio lascia il tempo che trova. Nel cinema di Rossellini si parte sempre da una idea generatrice o nucleo ispiratore, come la passeggiata del giovane Edmund tra le rovine della città. Dopodiché il tutto dovrà necessariamente tradursi nella messa a punto di una qualsivoglia sceneggiatura. L’ unico elemento distintivo in Rossellini è dato dal fatto che lo stesso non ha mai considerato la sceneggiatura – ossia la più antica e meno trasgredita tecnica letteraria di impronta cinematografica che serviva soprattutto ai produttori, per il controllo economico del film, e ai censori per il controllo ideologico del film – come una struttura fissa, rigida, compiuta e inespugnabile.

  • A circa trent’anni dalla morte del grande regista il figlio Renzo ha reso pubblico  un’importante proposta di lavoro sull’Islam, realizzato da Rossellini tra il 1975 e il 1976,  che considerava lo studio e l’approfondimento sui temi delle grandi religioni, quale l’Islam, come “unica salvezza”. Egli affermava altresì: “Ora che il mondo è ancora più lacerato da nuove incomprensioni e da inusitati rivolgimenti, diventa urgente fare qualcosa di utile. Una nuova frattura assai profonda si è creata tra il mondo occidentale, orgoglioso del suo preteso pragmatismo, e il mondo mussulmano che, finalmente risvegliato, ha il coraggio di rivalersi,[vi è bisogno] di un paziente lavoro di rammendo della specie umana […] potrà succedere qualunque cosa. Ma per odiarci bene o per distruggerci bene, oppure per sopportarci bene o per collaborare bene, dovremo comunque conoscerci bene”.  Un vero e proprio precursore?

Per quanto concerne le 70 cartelle scritte, ma mai rappresentate, in riferimento al progetto “Islam” per una presunta serie televisiva dedicata al mondo e alla cultura dei musulmani che però, come poc’anzi ho detto, non ha mai visto la luce; Rossellini è stato davvero profetico ed un grande precursore soprattutto in riferimento al pericolo di un possibile scontro di civiltà, così come oggi sembra stia avvenendo. Il dialogo tra mondi culturali diversi sembra essere il leitmotiv attraverso cui lo scontro di civiltà lo si sarebbe potuto evitare dal punto di vista del cineasta romano.

  • Qual è il messaggio che il regista lancerebbe oggi alle nuove generazioni?

Il messaggio che oggi Rossellini lascerebbe alle nuove generazioni è quello imperniato sulla assoluta fiducia verso il prossimo ossia l’uomo a tutto tondo. Ma i suoi messaggi sono davvero plurimi. Con Rossellini, ad esempio, il cinema diventa una grande arte utile all’uomo, e non necessariamente bella, capace di filmare una emozione o addirittura un pensiero. Anche questo è un grande messaggio rivolto a chi volesse diventare cineasta. Con il Neorealismo Rossellini ha saputo realizzare una sacra missione artistica capace di includere persino il miglioramento della coscienza dell’ uomo.  In conclusione possiamo dire che lo stesso Rossellini, qualche giorno prima che morisse, ebbe a dire che l’unica felicità concessa a noi umani è quella di vivere una vita semplice e nella creazione. Ecco, questo credo sia e rappresenti il messaggio più proficuo che Rossellini rivolgerà alle nuove e giovani generazioni.

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