Oggi, lunedì 17 febbraio, alle ore 20,30, presso la parrocchia di Santa Maria di Costantinopoli a Baronissi, si terrà la VII Festa giubilare diocesana dei fidanzati, organizzata dal Servizio diocesano di pastorale familiare di Salerno-Campagna-Acerno. L’arcivescovo, mons. Andrea Bellandi, incontrerà le coppie di fidanzati in un’occasione speciale di preghiera e dialogo, nel segno del Giubileo. La VII Festa diocesana dei fidanzati, infatti, avrà per tema “Due cuori, una sola Speranza”. “Insieme siamo chiamati a vivere questo incontro di gioia, di grazia e di comunione ecclesiale, strutturato in tre momenti: preghiera, testimonianza e dialogo”, spiega il Servizio diocesano di pastorale familiare, (agensir.it). Forse è l’ambito più delicato e profondo, ma anche controverso, del cammino di ciascuno, di qualsiasi religione, credente o non, un argomento assolutamente trasversale che coinvolge tutti coloro che, per tradizione o per convinzione, si confrontano con l’itinerario di conoscenza reciproca e di cammino di coppia, avvolti dal sentimento dell’amore. “Quando si parla di relazioni sessuali c’è nella nostra mente come uno sbarramento etico, una diga interiore in cui rimangono impigliate tutte le sensazioni positive, la serenità, la libertà, la gioia, ed emergono invece immagini cariche di proibito e se non di peccato. Retaggio di una cultura che troppo spesso ha associato il sesso e tutto quanto ne riguarda l’esercizio, a qualcosa che contraddice il cammino verso la virtù, quella umana e quella cristiana. Sessualità e santità sono due concetti che facciamo molta fatica ad associare. E sbagliamo”, così Luciano Moia su Avvenire dell’11 febbraio scorso. Inutile ricordare che i veti, le sacrali interdizioni dei vari ambiti confessionali hanno influito innegabilmente sulle relazioni di coppia. Felicità, sentimento e sessualità hanno da sempre rappresentato promesse, lusinghe e illusioni attraverso le quali insigni studiosi, credenti e non, si sono dimenati più o meno goffamente, o quantomeno contradditoriamente. Basti pensare alle conclusioni affrettate cui giunse la grande antropologa Margaret Mead, nel suo studio sul comportamento degli adolescenti polinesiani, riportato nel suo celebre libro L’adolescenza a Samoa (1928), poi quasi completamente confutate, nel 1980, dall’antropologo australiano Derek Freeman. L’antropologa americana giunse alla conclusione che libertà sessuale vissuta in maniera così limpida e pulita da questi giovani in pratica equivaleva anche ad una libertà da sensi di colpa, complessi nevrotici, impotenza e frigidità, affermando, in maniera anche piuttosto solenne, che in essi non esisteva più la crisi adolescenziale. Il successo del libro fu strepitoso, straordinario, con vendite record quasi mai fatte registrare. E, per brevità, evitiamo di riportare Boas, Malinowski e Freud, fino ai giorni nostri. Forse potrà aiutare citare solo Alfred Charles Kinsey, che in un suo lavoro di fine anni quaranta afferma: “Non esiste uno schema fisso della normalità sessuale: e la fenomenologia sessuale, entro un ambito che non vi è motivo per qualificare abnorme, è estremamente varia, e sfuma nella anormalità vera e propria, o nelle sue diverse forme, per gradi insensibili”. Papa Francesco ha da sempre avuto grande attenzione per questo ambito, al n.152 di Amoris laetitia riporta: “In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”. E’ sua convinzione, quindi, che l’eros nel cammino di coppia può avere una valenza positiva, e continua, infatti, “è una passione sublimata dall’amore”. La professoressa Lucietta Scaraffia, già docente di Storia Contemporanea presso l’Università La sapienza di Roma, riflette sulla perdita di una dimensione sociale e pubblica della sessualità, “per divenire sempre più un’attività privata e insindacabile, nella quale ognuno rivendica il diritto di fare le scelte che preferisce”. Pur trovandosi in una dimensione di “coppia”, pur condividendo ciò che con altri non si condivide, pur restando a stretto contatto di pelle, si rischia di vivere, più o meno inconsciamente, una sorta di isolamento, che diventa parossistico quando l’aurea di socialità che è precipua e tipica del rapporto declina verso tratti di prepotenza e sopruso, proprio perché favorita dal romitaggio di uno dei due. L’orientamento dell’odierna psicologia è proprio quello volto ad invitare fervidamente a mantenere viva la socialità, evitando chiusure tout court, pronti a ricevere sempre “stimoli sani e vitali dal mondo esterno”. Buon cammino.