Federico II di Svevia è noto come un sovrano illuminato, appassionato delle varie scienze e delle varie letterature, fu sua l’intenzione particolare di promuovere la cultura e l’attività di studio degli ebrei proprio perché era molto interessato agli insegnamenti astronomici, matematici e medici di ebrei ed anche di musulmani. La stessa cultura letteraria ebraica era molto presente nel sud Italia con scuole ed accademie, come a Venosa, Oria e Bari, già a partire dal IX secolo. Il sovrano fu molto grato alle attività degli ebrei, ai servizi da loro resi, anche in particolare per quello di esercitare attività feneratizia, teoricamente vietata ai cristiani. Vi era una necessità trasversale di ricevere piccoli e grandi prestiti in denaro, ne avevano tutti bisogno, dai contadini ai commercianti, dalla nobiltà agli stessi sovrani, così gli ebrei, sovente reietti, divennero pian piano una “necessità” sociale, dando al popolo cristiano la possibilità di tenersi fuori da attività messe al bando dalla Chiesa. Federico giustificò questa opera degli ebrei proprio perché essi non erano soggetti alle leggi morali del cristianesimo, e decretò che potevano prestare ad un interesse del 10% senza incorrere in alcuna pena, dando l’avvio ad una funzione che vedrà gli ebrei diventare nel tempo veri e propri banchieri del regno. Il sovrano concesse loro il primato dell’introito di tutti i ricavi presi dalla riscossione del diritto imposto da lui stesso sulla colorazione della seta, e gravante su tutte le operazioni di tintura. Ciò li portò a diventare più tardi, nella seconda metà del Quattrocento, protagonisti di una delle più delicate fasi di lavorazione della seta, arrivando a detenere così il monopolio delle tinture nella città di Napoli ed in gran parte del Meridione, risalendo la china del governo del commercio, che avevano perso soprattutto intorno al X secolo. In particolar modo nell’aria del Mediterraneo, e nel sud Italia, si era assistito ad un blocco delle attività commerciali prevalenti degli ebrei ad opera delle Repubbliche Marinare, cosi come ad Amalfi, dove vennero soppiantati nel loro commercio dalle attività molto intense della Repubblica. A Salerno gli ebrei erano letterati (Mosè da Salerno), medici, imprenditori tessili, macellai, fabbricavano vasellame, la città era stata sempre una meta preferita da loro in quanto da essa partivano numerose le navi per le varie destinazioni del Mediterraneo, e vi stabilirono numerosi soprattutto intorno al X secolo. Federico non passò alla storia come un sovrano assoggettato docilmente alla Chiesa, le fasi del suo rapporto con il cristianesimo furono molto alterne, egli venne scomunicato due volte ma bandì anche una crociata, e il suo atteggiamento nei confronti degli ebrei risentì in maniera significativa, perlomeno nel primo periodo del suo regno, del rapporto col papato. All’inizio aveva imposto loro particolari vestiti e anche l’obbligo di farsi crescere la barba, paragonandoli come trattamento a categorie di persone allora odiate dalla società. Alla Chiesa di Salerno, nel 1223, attribuì i diritti sulla giudecca, nella misura della decima su tutti i beni, poi fece marcia indietro, ed eliminò l’obbligo di portare determinati vestiti e distintivi, come, ad esempio, la famosa lettera arancione dell’alfabeto greco tau. Ma è con le Costituzioni Melfitane che il re raggiunge il massimo per quanto riguarda la sua azione politico-giuridico-normativa, anche nei confronti degli ebrei. Esse vennero promulgate nel castello di Melfi, nell’agosto del 1231, e denominate Constitutiones Regni Siciliarum, sono in molti a definirle come una sorta di vetta del potere laico nel Medioevo, un vero e proprio monumento legislativo. Agli ebrei venne data proprio una personalità giuridica, equiparandoli a tutti gli altri sudditi, venne concesso uno status particolare, una sorta di “sui iuris”, per difendere i loro diritti con loro leggi. Ciò, però, rischiava di renderli ancora più avversati dai cristiani, ed allora Federico diede loro una protezione particolare, come aveva già fatto con i saraceni, vietando severamente che fossero discriminati per questioni riguardanti in maniera particolare il loro credo. E’ indubbio che, seppur per ben particolari e lungimiranti calcoli politici ed economici, il sovrano abbia avviato una nuova serie di atteggiamenti, di posizioni nei confronti degli ebrei, necessari e aborriti. A Caggiano, in provincia di Salerno, proprio all’indomani delle espulsioni degli ebrei nel Regno di Napoli avvenute nel 1510, la totale assenza di altre categorie che sostenessero le imprese, comportò il collasso di diverse attività: fabbri, mugnai, panettieri dovettero chiudere bottega, e ciò si evince da una consultazione dei testi notarili, riferiti pure a riscatti da parte di inesorabili creditori. Attilio Milano, ebreo, tra i maggiori studiosi dell’Ebraismo italiano del Novecento, storico ed imprenditore, ci ha lasciato questa descrizione del sapiente sovrano: “‹‹Stupore del mondo››, fu detto dai contemporanei; per chi oggetto di venerazione per chi vituperazione. Condottiero e politico, geniale dispotico, fu in urto continuo con il papato e con i comuni italiani; poeta e protettore di ogni arte, codificatore di un saggio corpo di leggi, rivoluzionatore della struttura economica amministrativa del suo regno, fu il più illuminato e il più combattuto monarca del suo tempo. L’ultimo degli imperatori del Medioevo è il primo signore del Rinascimento diede all’Italia del Sud – grazie, molto, al retaggio ricevuto dei suoi predecessori Normanni – mezzo secolo di floridezza economica, di assestamento politico e giuridico, di effervescenza artistica, che più tardi assumeranno quasi una coloritura mitica”.