Quella di Gallipoli resterà forse la battaglia più cruenta che la storia possa ricordare, il numero delle perdite fu altissimo, addirittura non si ebbe nemmeno la possibilità di seppellire singolarmente ciascun soldato, si organizzarono non di rado delle fosse comuni per dare sepoltura a tutti. Venne combattuta dal febbraio 1915 al gennaio 1916, e resterà per sempre nella vita di Winston Churchill come un grande fallimento. L’idea era stata partorita proprio dal grande statista, che allora era il Primo Lord dell’Ammiragliato, durante la Prima Guerra Mondiale, proprio per alleggerire il fronte russo che era sotto pressione, impadronirsi dello stretto dei Dardanelli e mettere in grandi difficoltà l’impero Ottomano, che era in guerra dalla parte delle Potenze Centrali. Con il controllo dello stretto di Suez e di quello dei Dardanelli, ogni possibilità di attacco ottomano sarebbe stato allontanata. Purtroppo però vennero fatti grandi errori di valutazione soprattutto a livello di intelligence, i 60 km dello stretto erano tutt’altro che sguarniti, vi erano fortificazioni a distanze regolari su entrambe le rive, ben fornite di artiglieria e con truppe ben coordinate da colui che diventerà l’eroe della battaglia, il generale Mustaf Kemal Ataturk. La conduzione astuta delle ostilità lo farà diventare leader del suo Paese, spianandogli la strada per la costituzione di ciò che sarebbe diventata la Turchia moderna con la fondazione della Repubblica, e Ataturk vuol dire proprio “padre dei turchi”. La vittoria fu di parte ottomana, ma tutto si trasformò in un grande bagno di sangue. Alcune fonti hanno parlato di 500.000 vittime ma è più corretto affermare che vi siano state in tutto 500.000 perdite, fra feriti, dispersi e vittime, il cui numero si attesta intorno alle 230.000. Vi presero parte francesi, neozelandesi, australiani, britannici e indiani, oltre che ottomani. Nella memoria collettiva di queste nazioni la battaglia è diventata quasi sacra, ancora oggi i luoghi ove si svolse sono meta di pellegrinaggi. Russel Crowe ha esordito come regista nel 2014 con un film, The Water Diviner, che narra la storia di un padre che parte alla ricerca dei suoi tre figli caduti nella famosa battaglia, per onorarne le spoglie e riportarle in patria. La Francia e l’Inghilterra, che partorirono l’idea di questo attacco dovettero drammaticamente ricredersi, ma Churchill non si diede per vinto e, come storia ormai acclarata, passò attraverso altre grandi imprese, questa volta sempre vittorioso. E’ inutile e ripetitivo soffermarsi sul suo ruolo avuto durante la Seconda Guerra Mondiale, ma vi è un aspetto sconosciuto ai più della sua vita, cioè che Winston Churchill ebbe il Premio Nobel per la letteratura nel 1953. A molti l’attribuzione di questo alto riconoscimento risultò piuttosto anomala, si parlò di raccomandazioni a livello politico, di inadeguatezza del grande statista dal punto di vista stilistico-letterario. Fatto sta, e questo lo sanno in pochi, che Winston Churchill era stato candidato già nel 1946, e dal 1948 lo fu per ogni anno fino all’attribuzione del Nobel. La Nazione di Firenze, in un trafiletto del 26 ottobre 1949 riportava: “Secondo quanto dichiarato oggi da attendibili fonti, Benedetto Croce e Winston Churchill sono tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura quest’anno. Il premio ammonta a 156.289 corone. Non è escluso, d’altra parte, hanno precisato le stesse fonti, che qualche altro nome finora oscuro emerga dalle segrete liste dei 35 autori candidati al premio”. La concorrenza fu, quindi, tutt’altro che blanda, trattandosi di altisonanti personaggi. Nel 1953 vennero candidati Walter John De la Mare, Halldór Laxness e Robert Frost, tutti furono giudicati al di sotto di Winston Churchill per stile e qualità narrativa. La motivazione parla di “Padronanza della descrizione storica e biografica e per la brillante oratoria in difesa dei valori umani”. Ma una cosa è certa: Winston Churchill è forse l’unico statista che possa vantare una produzione letteraria così variegata, ha ricostruito in maniera dettagliatissima la Seconda Guerra Mondiale con una grande opera, ha scritto due romanzi, tre volumi di memorie, tanti saggi storici e due biografie. Ha dichiarato: «Quello che avete fra le mani è il racconto della mia vita, così come la ricordo, come l’ho vissuta. Non solo fatti e avvenimenti, ma sensazioni, emozioni e pensieri.» A 60 anni dalla morte era bello trasmetterne la memoria.