Anche quest’anno siamo giunti alla fine di una manifestazione che tiene incollati davanti alla tv milioni di telespettatori a inizio anno. No, non è Capodanno, è Sanremo “perché Sanremo è Sanremo”.
Arrivata alla 72esima edizione, il festival della musica italiana apre le porte, anche quelle di Morandi, e forse le spalanca un po’ troppo. A mio gusto personale alcuni brani non hanno proprio senso, a maggior ragione di gareggiare su un palco così importante. Forse prenderei seriamente in considerazione la proposta di Morgan che predicendo il proprio futuro, si vede direttore artistico del Festival di Sanremo, almeno una volta, prima di esalare l’ultimo respiro, così da rendere ai tantissimi italiani (11 milioni in media quelli che quest’anno hanno seguito la manifestazione canora), liberi “da una dominazione tirannica” festeggiando il ritorno della musica in patria.
Ma a parte queste blande considerazioni di critica senza attestato, e a parte le risate che mai come quest’anno mi hanno fatto fare tanti vip e meno vip nell’associare i vari look del palcoscenico alle più disparate categorie (cito ad esempio @camihawke e il sottopentola o centrino della nonna indossato da Irama, oppure il sipario in velluto rosso con dettagli in ricamo color oro indossato da Emma), è giunto il momento di preparare da brindare al vincitore.
E per farlo per bene perché allontanarci? Scegliamo sicuramente un brindisi informale, vista la formalità di questi interi 5 giorni, e stappiamo una bella bolla ligure. Ci spostiamo da Sanremo, andiamo sul lato opposto, ma onoriamo comunque la regione.
Portofino DOC, uno Spumante Metodo Classico Pas Dosé: “Abissi”, cantina Bisson. Tiriamo in ballo il mare, oltre che i fiori, si, perché questo spumante prevede una maturazione sui lieviti nella profondità dei fondali marini di Sestri Levante a circa 60 metri di profondità, in gabbie metalliche per circa 36 mesi. La bottiglia in sé è davvero unica, i segni del mare invocano tempi passati, come se li sotto, il tempo scorresse in maniera diversa, è una bottiglia davvero bella. All’interno il vino è un blend di uve autoctone liguri, Bianchetta, Vermentino e Cimixà, vendemmiate presto e vinificate con la tecnica della “alzata del cappello della vinaccia” con rifermentazione in bottiglia. L’assenza di dosaggio è una caratteristica che sto adorando sempre di più nelle produzioni delle bolle. Giallo paglierino e perlage fine e persistente. Profumi salmastri e sorso fresco e minerale.
A questo punto io terrei sotto controllo la Ferreri, meglio non far cadere a terra altri bicchieri, soprattutto se pieni.
Poi considerando che lo “zucchero e lampone” di Achille Lauro non ci sta per niente bene in abbinamento alla bollicina di cui sopra, propenderei per qualcosa di più unto, più spartano, e in quantità anche abbastanza importanti, così da poter invitare a cena anche Ana Mena che, poverina, è rimasta sola.
Mettiamoci ai fornelli, ma prima convinciamo le nonne e le mamme liguri a darci la ricetta originale della focaccia, magari nella variante con le cipolle, che dopo tutta quell’aria alla bocca, ai cantanti farà bene, senza continuare a cantare dopo però.