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Dagli assorbenti negati, alla disoccupazione, al salario inferiore: la strada infinita da percorrere.

Secondo il Global Gender Gap Report del Word Economic Forum la parità di genere non sarà raggiunta per 99,5 anni e mezzo a livello globale.

Lo scorso anno l’Italia è scivolata al 76esimo posto su 153 paesi.

In Italia lavora meno di una donna su due.

L’1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato.

Nel corso del 2020, 37mila neomamme hanno lasciato il posto di lavoro, e il 25% di loro rinuncia ad avere figli per la carriera.

2700 euro è quanto guadagnano mediamente in meno ogni anno le lavoratrici italiane rispetto ai colleghi maschi di pari grado e mansioni.

Il salario mensile di un uomo va dai 2 ai 10mila euro, mentre una donna guadagna tra i 1.200 e i 4.800 euro.

Il 25% delle donne molla il lavoro al primo figlio, il 32/35% al secondo.

800 mila le donne licenziate dopo la maternità con lo strumento delle dimissioni in bianco.

L’IVA sugli assorbenti è ancora al 22%.

Il numero delle vittime di sesso femminile nel 2020 è aumentato passando dal 56 al 59%. Per oltre la metà dei casi le donne sono state uccise dal partner attuale o dal precedente e in misura maggiore rispetto agli anni precedenti: il 61,3% delle donne uccise nel 2019, il 54,9% nel 2018 e il 54,7% nel 2014.

La percentuale del carico di lavoro familiare svolto dalla donna (25-44 anni) sul totale del carico di lavoro familiare della coppia, in cui entrambi i componenti sono occupati, diminuisce dal 71,9% del 2008-2009 al 67% nel 2013-2014.

Le donne presentano anche una maggiore quota di sovraccarico tra impegni lavorativi e familiari: più della metà delle donne occupate (54,1%) svolge oltre 60 ore settimanali di lavoro retribuito e/o familiare (46,6% gli uomini).

Una donna su due ha rinunciato ad almeno un progetto lavorativo nel corso del 2020 e il 31% di quelle che cercavano un lavoro hanno smesso di farlo.

L’elenco dei dati potrebbe continuare ed estendersi a un numero infinito di pagine, ma in fondo questo cosa cambierebbe?

È sconcertante continuare a informarsi, scorrere pagine, siti, dati per scoprire che per davvero qualcuno ancora oggi, ci considera un peso, una minaccia, un nemico.

Trovare un capro espiatorio, qualcuno da incolpare, non servirà di certo a risolvere la questione, ma denunciare, parlare, urlare, protestare, resta l’unica strada possibile. Se risulta impossibile cambiare secoli di storia, sarà di certo possibile credere e non sperare in un mondo che sia alla portata di tutti, donne incluse.

Il dissenso che nasce dal disgusto, dallo sdegno deve farsi strada ogni singolo giorno, nelle vite di ciascun essere umano uomo o donna che sia. L’aria dovrà passare dai polmoni, risalire per la trachea, la gola, i denti, la lingua, per poter uscire dalle labbra carica di vigore e potenza. È doveroso parlare quindi, di una nuova fenomenologia sociologica che investe tutti, qui, ora e sempre, dal momento che prima di essere ente di una comunità, io sono un individuo dotato di una identità e di un senso morale. È doveroso prendere parte ad ogni forma di ingiustizia anche se questa non mi investe in prima persona. Sono una creatura generata da una donna, mi sento una donna, mi accompagna nel viaggio chiamato vita, una donna. Senza alcuna forma di esclusione sessuale o di genere esiste una sola forma di essere: quello umano, in riferimento non alle apparenze fisiche, ma che riguardano la sfera dei sentimenti.

Per questo motivo è doveroso amplificare la voce di Alessia Ria vittima di una ingiustizia che l’ha vista partecipe in prima persona nella sua terra natia.

Giovane di 22 anni originaria di Collepasso (LE), la quale si era recata dopo le 18 in un supermercato della zona per acquistare un pacco di assorbenti, e a cui è stato negato tale diritto, perché “questi non sono considerati beni di prima necessità”. A cui è stato detto inoltre:” O certifichi di avere il ciclo o lamentati con il sindaco”.

Di seguito la testimonianza che Alessia ha voluto rilasciare per il nostro giornale:

Quello che mi è successo qualche giorno fa purtroppo mi ha fatto storcere il naso non perché gli assorbenti dopo le 18 non mi son stati venduti e quindi per colpa del supermercato son dovuta tornare a casa a mani vuote, ma per il semplice fatto che per la prima volta ho vissuto un’ingiustizia del genere sulla mia pelle. Poteva succedere anche con un pacco di pannolini o la carta igienica, ma in questo caso, con gli assorbenti mi son sentita “costretta” a dover far sapere a tutti quanti che erano quei giorni lì. Credo che nel 2021 non ci sia bisogno di dover spiegare cos’è il ciclo e come e quando viene, credo che sia SCONTATO che un pacco di assorbenti sia di “prima necessità”. 

Quindi la mia rabbia e la mia indignazione, ma anche stupore è stato scoprire che non solo paghiamo il 22% di Iva su un prodotto NECESSARIO, ma che secondo un’ordinanza fatta malissimo mi doveva essere anche vietata la vendita dopo le 18. 

Quando mi hanno chiesto di “certificare” alle forze dell’ordine sinceramente non ci potevo credere. Non è ammissibile una cosa del genere! Davvero nel 2021 bisogna comprendere queste cose ovvie?!

Quella sera, tornata a casa, mi sono informata e ho deciso di non rimanere in silenzio ma di protestare, non aspettandomi tanta risposta mediatica! Ma una volta successo tutto questo continuerò a lottare, soprattutto per abbassare la tassazione e non mi fermerò! Invito infatti tutte le ragazze, donne anche uomini a parlare di fronte a un’ingiustizia e di non avere paura! Di non restare in silenzio!

Il caso di Alessia Ria non è stato di certo il primo, e non sarà l’ultimo, ma questo non deve spaventarci.

Qualcosa, infatti, si è smosso grazie alle numerose condivisioni che il post della giovane ha avuto sui social.

L’indomani la Regione Puglia al punto 15 delle Faq ha chiarito con una nota che anche dopo le 18, è consentita la vendita con consegna a domicilio, agli esercizi di vendita di generi alimentari che non sono tenuti all’obbligo di chiusura alle 18, è consentita la vendita di assorbenti, data la loro specifica funzione, entro l’orario della chiusura ordinaria”.

Questo è l’esito che ogni forma di discriminazione o ingiustizia dovrebbe sortire, ma dinanzi alla paura di chi teme ripercussioni o ritorsioni tocca anche alla società il suo compito, quello di sostenere e propagare l’eco di queste voci silenziose.

La donna non è il frutto del male, il suo ruolo non è rilegato ai margini della società, o del solo focolaio domestico. La donna è libertà, proprietà di nessuno se non di se medesima, madre di idee e non solo di carne, esplosione di vita, parole e voce. Nemica e ostacolo di nessuno, nemmeno di sé.

Forza pura, energia inspiegabile senza fonte alcuna, espansione e dilatazione infinita di ogni cosa che esiste.

Fonti: Global Gender Gap Report 2020 del Word Economic Forum, Istat, la Repubblica, We World.

Foto presa dal Web.

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