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Sta per iniziare la settimana dedicata alla musica italiana: Sanremo culla di arte e cultura, luogo in cui la natura si mostra così esplosiva nei colori dei fiori e del mare. Che vino abbiniamo a Sanremo?

Per rendere omaggio a questi giorni di focus sanremesi, dal punto di vista enologico, io vorrei parlarvi di un vino che m’ha rapito il cuore.

Anche se la denominazione più vicina territorialmente al Teatro Ariston sarebbe quella di “Riviera Ligure di Ponente DOC”, quella che mi sento di associargli per emozione è un’altra: “Rossese di Dolceacqua DOC”.

Clima mediterraneo, terreni soprattutto calcarei, venti marini, fungono da base di partenza per arrivare ad ottenere un vino con caratteristiche uniche di mineralità, eleganza, aromi.

Se dovessi associargli un solo termine che lo descriva, io darei “sensuale”, probabilmente per la sua fluidità, per la sua leggerezza, per il suo essere non banale.

A rappresentare questo mio omaggio alla settimana della musica italiana, sotto forma di Rossese di Dolceacqua DOC, non poteva che essere lui: il Rossese di Dolceacqua di Maccario Dringenberg.

Ci troviamo a San Biagio della Cima, in provincia di Imperia, tra i 200 e i 320 m.s.l.m., 2,5 ettari vitati suddivisi in tanti piccoli appezzamenti. Sudore, sacrificio, grinta, amore, passione, solo alcune delle caratteristiche di Giovanna Maccario, che nel 1991 ha preso in mano l’antica azienda di famiglia risalente all’800 e che oggi, insieme al marito Goetz Dringenberg fa volare alta questa denominazione ed in particolare i suoi vini.

Muretti a secco, viti allevate ad alberello provenzale, su ripidi pendii e terreni composti di arenaria-calcarea e di argille solidificate, piccoli appezzamenti terreni talmente scoscesi e impervi, da non permettere le lavorazioni meccaniche in vigna, tutto viene svolto manualmente. Le uve raccolte vengono trasferite sempre manualmente alla cantina, che si trova al centro del piccolo borgo. Il lavoro è davvero faticoso, duro, un po’ come certi amori (mi sentivo in obbligo con la nota romantica vista la settimana sanremese).


Scorci dell’azienda Maccario Dringenberg, in cui si nota sia l’alberello provenzale, sia i ripidi pendii.
(Fonte: pagina Facebook dell’azienda)

Diversi sono i suoi cru, c’è Luvaira con i suoi ceppi centenari, c’è Posau’, e poi ci sono tutte le altre produzioni spettacolari di questa piccola ma grande cantina.


Posau’
(Fonte: pagina Facebook dell’azienda)

A me è successo che dopo averne sentito parlare, una sera, in un ristorante delle mie parti, l’ho visto in carta vini, e l’ho voluto provare.

Rossese di Dolceacqua DOC, 100% rossese, macerazione lenta a temperatura controllata e fermentazione spontanea con lieviti indigeni, affina alcuni mesi in acciaio.

Rosso rubino, ruotarlo nel calice è un piacere, con tutte le note aromatiche che arrivano al naso: sentori di fiori e frutta, viola, ciclamino, fragola, lampone, e leggere note di erbe aromatiche, pepe nero, tabacco. Già fin qui è una bellissima sensazione di relax e coccole. Poi il sorso, elegante, pieno ma non imponente, polposo, educato, intelligente, fine, estremamente fine, fresco, sapido, tannini vellutati, delicato, lascia il palato pulito e ricco di percezioni sensoriali che ricordano quelle del naso. Questo vino t’avvolge in un morbido lenzuolo di seta.


Il Rossese di Dolceacqua DOC Maccario Dringenberg ed io.

Visto il clima sanremese, questa volta non gli abbiniamo un piatto, ma una canzone.

Nonostante possa sembrare un abbinamento azzardato per tutto ciò che avvolge lui e la sua canzone, io credo che “intensità” sia la parola chiave questa volta, l’intensità dei sentimenti, delle emozioni che hanno fatto la sua vita e che ritrovo nelle sue canzoni, la stessa intensità, in termini di forza, di energia, che trovo in questo vino.

Siamo nel 1967, lui è Luigi Tenco con “Ciao amore, ciao”.

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