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Mare, sole, frutta, e il fascino della cultura latina. Questa è Cuba, uno Stato che è da sempre una validissima meta turistica e che con il calcio non ha mai avuto un feeling particolare se non nel lontanissimo 1938.

C’è da dire però che c’era una persona in particolare che amava il calcio, ossia Fidel Castro, storico Primo Ministro di Cuba dal 16 febbraio 1959 al 2 dicembre 1976, e successivamente, dal 3 dicembre 1976 al 18 febbraio 2008, Presidente del Consiglio di Stato e Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba. Ben 60 anni di storia e non solo dell’isola, cominciati proprio nel 1956, quando un gruppo di rivoluzionari provenienti dal Messico sbarcarono a Cuba con l’intento di porre fine alla dittatura di Batista. Fu una lotta durissima che durò tre lunghi anni. Solo nel 1959 i Descamisados riuscirono a cacciare Batista e diedero vita al regime socialista che, pur con diverse declinazioni, è durato fino ai giorni nostri. Il sogno di uno stato marxista e anticapitalista così vicino alle coste americane non ha mai avuto vita facile, avversato dai dissidenti fuggiti in Florida, stroncato dalle sanzioni occidentali e messo in ginocchio dal crollo dell’Unione Sovietica, sua principale sostenitrice. Ma nessuno degli undici presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca è mai riuscito a piegare completamente quello che era comunque un regime dittatoriale. Castro non era un grande appassionato di calcio, ma adorava i giocatori, in particolare Diego Armando Maradona, con la quale si instaurò un forte legame d’amicizia. Celebre fu una frase del cubano che disse: “Il capitalismo ha messo nello stesso sacco gli sceicchi arabi, i dirigenti delle grandi multinazionali con i giocatori di calcio. Io no. Almeno questi ultimi appassionano milioni di persone e non sono nemici di Cuba”. Non ha tutti i torti. Nel mondo latino-americano, futbol, politica e cultura rappresentano un sentimento collettivo unico e inscindibile, sentimento talmente inscindibile da aver spinto El Pibe a tatuarsi il volto di Fidel Castro sul polpaccio sinistro.

Solamente 4 anni fa, L’Avana era tornata ad ospitare una storica amichevole fra Cuba e gli Stati Uniti, vittoriosi 2-0. E, del resto, se in questi ultimi anni sull’isola i ragazzini lasciano il baseball ai 40enni e tornano in strada a giocare al calcio, che rimane comunque il gioco più democratico e facilmente praticabile ovunque nel mondo, è solo un cerchio che si chiude. Sì, perché in gioventù anche Fidel era stato un buon calciatore, come aveva rivelato qualche anno fa un suo compagno nella squadra dei gesuiti dell’Avana, Armando Arce Montes de Oca. All’epoca si giocava con un modulo che adesso è inimmaginabile, una specie di 2-3-5, e Fidel era uno dei cinque attaccanti, interno destro. Corpulento, muscoloso, molto forte e molto coraggioso.

Prima di tutto ciò, però, a Cuba si era andati incontro ad un’evento storico che ancora oggi è rimasto stampato negli almanacchi. La Nazionale cubana, nel 1938, giunse fino ai Quarti di Finale del campionato mondiale di calcio disputato in Francia. Evento storico, raro, probabilmente mai più ripetibile. Per arrivare fin qui, Cuba dovette prima duellare nel suo raggruppamento di qualificazione.

Il Gruppo 13 fu originariamente strutturato come un torneo a eliminazione diretta fra Colombia, Costa Rica, Cuba ed El Salvador, con ciascun turno composto da tre incontri. La Guiana olandese fu originariamente esclusa dal torneo perché non era pervenuta alcuna risposta dalla federazione, ma fu poi successivamente riammessa.

Nell’aprile 1938, Colombia ed El Salvador decisero di ritirarsi e la FIFA cambiò il formato del gruppo in un triangolare fra le squadre rimanenti, da giocarsi sul campo de L’Avana. Il torneo, tuttavia, non si tenne perché poco dopo si ritirarono sia la Guiana olandese (per ragioni economiche), sia la Costa Rica. La Guiana olandese richiese comunque di poter sostituire gli Stati Uniti nella gara di qualificazione contro le Indie orientali olandesi, ma la richiesta fu rifiutata dalla FIFA.

Cuba avrebbe da ultimo dovuto affrontare l’Argentina il 29 maggio 1938, in una gara sul neutro di Bordeaux, in seguito alla riammissione della formazione sudamericana, ma il definitivo ritiro degli argentini permise alla nazionale cubana di conquistare la qualificazione. Sostanzialmente, senza nulla togliere a nessuno, Cuba disputò questo mondiale senza mai scendere in campo e, anche se lo avesse fatto, avrebbe dovuto vedersela contro una nazionale decisamente più quotata.

Gli avvenimenti politici che stavano portando l’Europa verso la Seconda Guerra Mondiale condizionarono inevitabilmente il Mondiale: la forte Austria del commissario tecnico Hugo Meisl e di Matthias Sindelar (probabilmente, il più grande giocatore austriaco di tutti i tempi), quarta in Italia nel Mondiale del 1934 e medaglia d’argento a Berlino, dovette rinunciare, unita con l’Anschluss alla Germania nazista (che convocò i migliori giocatori austriaci); la Spagna lacerata dalla Guerra Civile non poté neanche prendere parte alle qualificazioni. Un disastro che, comunque, portò allo svolgimento della manifestazione, e la Coppa del Mondo francese conobbe un enorme successo di pubblico. Fu grazie ad essa che il mondo ebbe l’ultima opportunità di vedere un ultimo spettacolo di fratellanza internazionale prima dello scoppio della  guerra nel 1939: il conflitto interruppe il corso della manifestazione. L’edizione del 1942, che sarebbe stata assegnata al Brasile o alla Germania, non ebbe mai luogo: il Mondiale sarebbe tornato solamente nel 1950.

Ritornando al campo e al 1938, Cuba arrivò ai Quarti dopo aver eliminato in quel di Tolosa la Romania di Juliu BodolaGran lotta nel primo incontro e pareggio per 3-3; nella ripetizione i centro-americani riuscirono a prevalere vincendo per 2-1. Al turno successivo, però, le evidenti carenze e lacune di Cuba si manifestarono nel match contro la fortissima Svezia, vittoriosa con un sontuoso 8-0 che ancora oggi resta la sconfitta più pesante di tutta la storia della nazionale cubana.

L’eroe di quella nazionale è sicuramente Héctor Socorro, uno dei centravanti più longevi della storia calcistica cubana. I suoi 3 goal regalarono un sogno a questo Paese, un ancor più grande senso di appartenenza verso i colori della bandiera. Ancora oggi, Socorro è ricordato ed elogiato da tutti, compreso dalle generazioni moderne, così come quella famosa nazionale che ancora oggi, e forse per sempre, manterrà inalterato quello storico piazzamento al mondiale.

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