Il Reverendo Franco Mayer è Pastore della Chiesa Evangelica di Salerno e diaspore di Albanella e Ottaviano, nonché Decano per il Meridione d’Italia, e vicepresidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese della Campania. E’ musicista e autore di libri, l’ultimo dei quali, Il vangelo secondo Diego. La mano de D10S in 10 «rivelazioni», scritto insieme a S.Em. il Card. Crescenzio Sepe e ad insigni accademici tra i quali Luca Diotallevi, sociologo e docente presso l’Università “Roma Tre”, e Carmine Matarazzo, docente presso la Pontificia Facoltà Teologica di Napoli. Una vita dedicata allo studio, alla guida di intere comunità, al dialogo interreligioso, all’incontro, all’accoglienza e all’attenzione per gli ultimi, e agli internati nelle carceri. In esclusiva per Resportage, ha gentilmente concesso questa intervista. A lui va il più fervido ringraziamento.
Reverendo, lei ha aperto le porte della sua chiesa ai migranti, un gesto di straordinaria accoglienza all’indomani di una grande emergenza. Prima di lei, il Pastore Francesco Sciarelli, tra fine Ottocento ed inizio Novecento, si batté per il riposo domenicale degli operai, in difesa anche dei pescatori, a Pozzuoli. Quella dell’attenzione per il sociale, e di essere sempre sul passo degli ultimi, è una grande e lunga tradizione della sua Chiesa. Assolutamente sì. Basta considerare che le guarigioni testimoniate nei Vangeli erano azioni che andavano oltre il ristabilimento fisico: guarire uno storpio o una donna dalle perdite di sangue, significava anche ridare dignità a tanti sventurati che potevano essere riammessi nel tessuto sociale di Israele. Una chiesa discepola di Cristo deve saper camminare al fianco degli ultimi ed adoperarsi nel ridare dignità a questi uomini e queste donne che, non dimentichiamolo, portano in sé l’immagine divina e sono stati creati/e a sua immagine.
Uno dei grandi ostacoli al dialogo ecumenico ed interreligioso è anche la scarsa conoscenza delle peculiarità delle varie fedi e delle varie confessioni. Se si dovesse indicare in breve il cuore del credo valdese-metodista, da dove inizierebbe? Le nostre chiese insistono molto sulla responsabilità del Cristiano. Il credente riformato non delega ad altri in materia di fede e si adopera nell’incarnare il vangelo quotidianamente con una esistenza fatta di coerente testimonianza con l’annuncio della grazia.
Papa Lucio III, con la bolla “Ad abolendam”, nel 1184 scomunicò il movimento valdese (I Poveri di Lione) perché accusato di promuovere la predicazione in pubblico, anche e soprattutto da parte dei laici. Successivamente, con la Riforma protestante i valdesi vi aderirono, nel 1532. Ma qual è oggi il ruolo del laicato nella sua Chiesa? Contrariamente ad altre denominazioni, nelle nostre chiese non esiste una distinzione tra clero e laici. Siamo tutti laici, ovvero popolo di Dio. La distinzione tra il membro di chiesa e i ministri sta nel ruolo rivestito e non in una dignità particolare. Il tutto parte dal concetto del Sacerdozio Universale dei Credenti. La famosa bolla del 1184 è il tipico esempio delle distorsioni che comporta l’aver riconosciuto un ruolo normativo la tradizione, che spesso scavalca la Scrittura, che in Mc 16,15 ordina testualmente (a tutti/e) «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura».
Il 22 giugno 2015, Papa Francesco, in visita al tempio valdese di Torino, accolto dal moderatore Eugenio Bernardini, affermava: “Purtroppo è successo e continua ad accadere che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro. Da parte della chiesa cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi”. Secondo lei, a che punto è lo stato dell’arte del dialogo tra le varie Chiese in Italia? Scartando l’ipotesi di una fusione indifferenziata sono convinto che per il bene delle Chiese sia importante la ricerca di un cammino comune di reciproco arricchimento nel fare insieme la volontà di Dio, che, come espresso in 1Tm 2, 4:« …. vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità…». Ciò può avvenire se le chiese smettono di presentare e predicare sé stesse, predicando Cristo e la salvezza nel suo nome.
Il movimento Metodista venne fondato dal pastore anglicano John Wesley nel XVIII secolo. L’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi è sorta nel 1975, con un accordo di integrazione tra la Chiesa Metodista Evangelica Valdese e la Chiesa Metodista Italiana, ed è oggi conosciuta come Chiesa Evangelica Metodista in Italia. Ad Augusta, in Germania, il 31 ottobre 1999 vi fu lo storico momento con la firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, tra il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, della Chiesa Cattolica, e la Federazione Luterana Mondiale. Quest’anno ricorre il 25° anniversario di questo storico evento. Ci parli delle sue speranze e dei futuri scenari. Quello che fa specie è che la Chiesa di Roma abbia travagliato per 2000 anni per partorire un “topolino” talmente scontato, lapalissiano. Il Sola grazia, caro ai Riformati, è un modo per ribadire la sovrana divinità di Cristo: nulla si può aggiungere al suo sacrificio per aprirsi una strada di salvezza. Chi si muove in questo senso, implicitamente ammette che il sacrificio di Cristo non è sufficiente, ma va corroborato con le opere. Questo significa negare la perfezione divina del sacrificio di Gesù. Le opere non aprono alla Grazia, ma ne sono la dimostrazione: una volta in grazia, il credente dimostra la sua fede (dono e conseguenza della grazia) con le opere (v. Gc 2, 14ss).