Una nuova vita al Susumaniello.
Il suo nome deriva dalla sua abbondante produttività che permetteva, letteralmente, di “caricare il somaro”.
La storia del Susumaniello di Puglia è molto travolgente perché descrive l’inaspettato cambiamento di un vitigno quasi dimenticato, che sembrava destinato a restare per sempre dietro le quinte, anzi rischiando di abbandonare le scena delle vigne pugliesi. La superficie citata occupata da questo vitigno crollo’ inesorabilmente, fino a che nei primi anni 2000 i signori Perrucci e Rubino, decisero di dargli un’opportunità nell’essere vinificato da solo, per capire se avesse qualcosa di speciale.
Bastarono poche esperienze per decretare un rosso in purezza di successo, puntando su una beva non troppo impegnativa e immediata. La vinificazione in rosato poi fu la vera e propria rivelazione; un calice dal palato fresco e pieno di note di frutta rossa. Non tarda ad arrivare anche la curiosità di impiegarlo nella spumantizzazione, dapprima col metodo Martinotti, successivamente scommettendo con la proposta più impegnativa del Metodo Classico.
Messo alla prova in ogni modalità di vinificazione, non si è fatto trovare impreparato, e con forte personalità si è inserito nel arduo e vasto panorama dei vini di Manduria, Valle dell’Itria e Murgia.
In meno di un decennio si è assistito ad un veloce moltiplicarsi di etichette, dato il numero crescente dei produttori interessati, divenendo richiamo per gli enoappassionati sia italiani che del resto del mondo.
Complice anche il nome simpatico dello stesso, per il Susumaniello sembra iniziata una nuova era.
Il metodo di allevamento tradizionale era l’alberello pugliese, che presenta viti tenute basse sul suolo; i nuovi impianti sono condotti per lo più a spalliera e cordone speronato, metodi che permettono di recuperare una buona quantità di uva senza discriminare la qualità.
Un patrimonio ricco di antociani (elementi che danno colore all’uva) che per la versione “Rosso” danno profondità ed equilibrio, e che per la versione “Rosato” pare non diano estremo disturbo, a patto che venga effettuata una vendemmia un tantino anticipata rispetto alla maturazione completa, così da poter usufruire di una buona acidità dell’uva, non estremamente carica di colore, presentandosi di un leggero rosa cipolla (contatto con le bucce in vinificazione a discrezione sempre dell’enologo!).
Pur essendo agli inizi, tutto lascia presagire che questa cultivar assumerà un ruolo di primo piano nel panorama pugliese, candidandosi a divenire simbolo del Brindisino, affiancato dai colossi Primitivo e Negromaro.
Tutt’altro che un tranquillo somaro!
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