Citare l’Enologia Italiana significa sicuramente menzionare una regione affascinante come la Toscana, e come Essa negli anni si sia imposta per creatività e qualità nel vasto palcoscenico mondiale; Quell’ esemplare ruolo del Chianti che, con il suo galletto nero, ha emozionato e deliziato le tavole dei nostri coinquilini italiani ed esteri.
Quella che vorrei raccontare è una di quelle storie che ha come protagonista non solo la piacevole affermazione che lavorare di squadra, sotto un unico simbolo che rappresenta un territorio, un modo di fare vino e un vitigno cardine, e quanto tutto ciò sia funzionale, ma sottolineare che essere leali a tali elementi descritti e saper anche elevarsi per carattere proprio e coraggio, è roba da supereroi.
Alla fine degli anni ’60 Sergio Manetti, uomo audace, acquista Montevertine, nella zona di Radda in Chianti, e per passione e piacere personale inizia a produrre vino per se stesso e amici, e talvolta clienti. Essendo lui un industriale siderurgico, quindi immerso in un diverso settore, decide di produttore poco più di 2mila bottiglie della prima annata; Annata che però, per suo bel stupore, divenne da subito un grande successo!
Pieno d’entusiasmo porta all’accrescimento l’azienda appena nata e, visionario, decide di affiancarsi a colui che ad oggi è ancora definito come il più grande esperto di Sangiovese (vitigno toscano cardine del Chianti ma non unico a disciplinare) : il signor Giulio Gambelli.
Ma facciamo un piccolo passo indietro per spiegare cosa significava produrre Chianti Classico tenendo ovviamente fede al disciplinare, alle regole basilari che permettevano la presenza al Consorzio e alla denominazione. Le uve da utilizzare erano si Sangiovese, ma anche Canaiolo, Malvasia e Trebbiano (gli ultimi due addirittura a bacca bianca)
I due, in accordo, decidono di voler creare un vino che sia prodotto in purezza, quindi con l’utilizzo totalitario delle sole uve da Sangiovese, ed intraprendere una strada solitaria rispetto a ciò che era stato regolamentato fino a quel tempo, uscendo cosi dalla denominazione di Chianti Classico e rientrando nel semplice nome di Montevertine ”Le Pergole Torte”.
Diverrà dunque quest’etichetta uno dei momenti decisivi della rivoluzione del vino Toscano.
La fama di Le Pergole Torte diventa in pochissimo tempo globale: tutti parlano e vogliono quel Rosso delicato e di carattere deciso, che ha saputo sfidare le istituzioni, che andrà a differenziarsi non solo in produzione ma anche nella presentazione estetica della bottiglia.
L’Artista che ha disegnato l’etichetta è il maestro Alberto Manfredi, amico del compianto Manetti, a cui affidò nel lontano 1982 l’incarico di disegnare la veste di questo rivoluzionario vino. Ogni anno diversa, donne ritratte a mezzo busto, leggiadre e sensuale, comunque sempre intriganti.
Dal 1992 in poi le etichette si continuarono senza interruzioni per ogni annata, fino a quella del 1998, ultima creata dall’artista prima della sua scomparsa, avvenuta soli tre mesi dopo da quella dell’ imprenditore Manetti. Sarà stato anche questo simbolo della loro grande amicizia terrena? può darsi.. Sicuro è il susseguirsi delle etichette che per scelta degli eredi è di porre su ogni nuova annata un’opera del maestro, scegliendola dal vasto repertorio dello stesso.
Storia d’arte e d’amicizia che proseguirà, così, sempre.