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Ambientato alla fine degli anni Trenta nell’isola di Procida l’opera della Morante si può dividere in due parti: la prima narra le vicende di Arturo Gerace dalla nascita fino ai quattordici anni; la seconda si svolge nell’arco di due anni, dall’arrivo della matrigna alla fuga del ragazzo verso una nuova vita lontano da quel luogo.

L’isola di Arturo è un romanzo dove i termini infinito e limite sono legati allo spazio esterno e a quello di metafora. L’evoluzione narrativa di questa storia scaturisce dall’esplosione della personalità di Arturo, il protagonista: un giovane solare, che affronta il drago notturno, ovvero i luoghi e le cose che non possono essere illuminati dalla fantasia. L’isola di Procida è un posto felice, un mondo che accende l’inventiva e l’immaginazione. Il realismo rappresenterà il punto d’arrivo di questa storia.

Protagonista e narratore al tempo stesso, Arturo ripercorre da adulto il tempo passato, consapevole di aver abbandonato il paradiso della fanciullezza, il mondo mitico senza tempo dove viveva libero e selvaggio. La sua narrazione mescola elementi quotidiani e fiabeschi, tutto è visto secondo l’ottica di un bambino. Arturo è fiero del suo nome mitico, lo stesso di una stella della costellazione di Boote e quello del re dei cavalieri della Tavola Rotonda. Vive in un’isola popolati di animali reali e immaginari, un posto meraviglioso da cui si può salpare per nuove avventure.

Nella Natura, Arturo vive il suo stato di felicità, ma lo stato di grazia non è destinato a durare in eterno.

Orfano di madre, morta giovanissima nel darlo alla luce, Arturo sarà svezzato dal balio Silvestro e crescerà solitario e randagio educandosi a contatto con la Natura, leggendo appassionanti storie di principi, pirati e condottieri che desidera imitare. Suo padre Wilhelm Gerace di origini italo-austriache è ai suoi occhi un eroe, una divinità irraggiungibile.

Arturo vive in una grande nave piena di vento oceanico: la Casa dei guaglioni, dove mai nessuna donna fu ammessa prima dell’arrivo di una giovane fanciulla, e sua matrigna Nunziatella.

Quando Wilhelm porta a casa la giovane e titubante sposina viola quel luogo. La Casa dei guaglioni, il luogo deputato degli uomini, lo spazio che l’uomo ereditò da suo padre, a sua volta erede di Romeo l’Amalfitano con il tacito accordo di mantenere la continuità delle frequentazioni maschili e la smaccata misoginia, Wilhelm ha infranto la regola.

La nuova sposa del padre, mite e ingenua ragazza genera in lui sentimenti mai provati e contrastanti. L’inizio della trasformazione sta avvenendo. Arturo non è più un innocente fanciullo. Il rancore, il disprezzo, l’amore e la gelosia si impossessano di lui, come fosse vittima di un sortilegio.

Arturo finisce per innamorarsi di Nunziatella, prima in modo confuso e infantile, poi sempre più serio ed aggressivo. Quando la donna partorirà un bimbo, suo fratellastro, Arturo tenterà ogni espediente per ricevere da lei affetto e attenzioni, ma sarà tutto vano. Respinto da Nunziatella che ha orrore dell’incesto, deluso dal mito paterno e dalla scoperta della sua passione per un ignobile individuo, Arturo lascerà per sempre Procida. Rotto l’incanto che aveva tessuto con quell’isola, prenderà un piroscafo per essere traghettato nel mondo della realtà, abbandonando in definitiva ciò che era stato un tempo.

Nel testo si assisteste ad una mitologizzazione del reale. Procida è quella madre pronta ad accogliere, nutrire e amare, che non sarà più in grado di soddisfare e comprendere l’Arturo che sta crescendo, che andrà via e staccherà il cordone ombelicale per entrare nel nuovo mondo, respirando da solo per la prima volta. Tutto ciò che è stato apparterrà alla sfera intima e magica della sua infanzia, del suo passato.

A porre fine a questo sogno è la ragione che si basa sulla conoscenza della vera e autentica vita.

Sarà proprio questa coscienza a gettare luce sull’identità di suo padre, non più un eroe senza macchia e senza paura, ma un innamorato di un giovane uomo detenuto nel carcere di Procida. Arturo prende le distanze dalla menzogna, decostruisce il mito del padre. Dall’altra parte l’atemporalità delle letture di libri classici sostiene insieme al complesso narrativo una certa mancanza di coordinate temporali. Atemporalità e mito si sostengono a vicenda.

Le riflessioni di Graziella Ricci, sulla questione del tempo sono molto suggestive. La studiosa fissa l’inizio dell’azione probabilmente intorno al 1938 poiché due anni più tardi Silvestro e Arturo partono per arruolarsi in una imminente guerra mondiale, che senza dubbio è la seconda. Proprio in quegli anni Elsa Morante scrive nel suo Diario 1938 del desiderio di essere accettata e amata. È un periodo complesso anche per la stessa scrittrice che si affaccia al mondo degli adulti con il suo carico di incertezze e insicurezze.

Nel 1957 in occasione della ristampa del Canzoniere di Umberto Saba, Morante scrive un breve saggio in cui esalta sia la poetica dell’autore, sia la validità dell’esperienza angosciosa che porta a cercare ciò che l’autore denominò nuovo mondo. E a proposito della poetica, afferma quanto segue:” Come i protagonisti dei miti, delle favole e dei misteri, ogni poeta deve attraversare la prova della realtà e dell’angoscia, fino alla limpidezza della parola che lo libera, e libera anche il mondo dei suoi mostri irreali. E in questa coraggiosa traversata ogni poeta è un pioniere, perché il dramma della realtà non ha termini, ed è sempre un altro” (Morante 1987: 38-39).

La vita di Arturo può così essere interpretata come una traversata, una liberazione dai mostri irreali per approdare altrove. Nel romanzo un ruolo complesso spetta al genere femminile.

Sharon Wood (docente di letteratura italiana presso l’università di Leicester in Inghilterra) specifica che “L’arrivo sull’isola della giovane Nunziatina è, come pur il suo nome, l’annuncio di un cambiamento, di una transizione”. (Wood 2000: 82).

Nel capitolo IV dal titolo “Regina delle donne” si introducono elementi nuovi nella narrazione che rompono con quanto raccontato in precedenza. Nunziatina è una ragazza religiosa, umile e paziente. Il capitolo narra del veloce fidanzamento tra lei e Wilhelm da parte di Violante, che lo considera un marito che fa la sua vita, segue i suoi impulsi e non si prende cura di sua moglie. Quella casa un tempo dimora di soli uomini verrà frequentata nuovamente da altre donne. Sarà uno spaventato Arturo a recarsi presso l’abitazione  della mammàna Fortunata, per portarla in aiuto di Nunziata, in preda ai dolori lancinanti per via del parto imminente, altre donne nei giorni seguenti porteranno doni alla donna e al suo piccolo. Una nuova presenza di donne che si aiutano e appoggiano entra a far parte di quella casa, del quotidiano di Arturo. Per il giovane, non più bambino, le donne non sono portatrici di morte, ma al contrario di vita e amore.

Quell’oscuro popolo delle donne, una specie brutta, piccola, pallida, infagottata in gonne e sottane, indaffarata e sfuggente, ora lo affascina. Le donne non sono più portatrici di morte, bensì di vita e amore.

Arturo e la sua statura mitica si rivela disadattata ai panni del reale. Non c’è più spazio per la dimensione idilliaca di un tempo, in questa scoperta di sentimenti quali: la noia, la disperazione, la gelosia, l’amore. Arturo soffre di un sentimento infantile reso ormai duro dalle circostanze: la vita è menzogne e sortilegio.

“I beati rumori e iridescenze della realtà sono un teatro incantato che innamora ogni cuore vivente fino all’ultimo… la mia fantasia non saprà mai concepire la ristrettezza della morte. A confronto di questa infima figura, diventano signorie sconfinate non dico l’esistenza di un misero prigioniero dentro una cella, ma perfino quella di un riccio attaccato allo scoglio, perfino quella di una tignola! La morte è una realtà insensata, che non significa niente, e vorrebbe intorpidire la chiarezza meravigliosa della realtà”.

La Morante fa della magia, del mito, dell’illusione una chiave di lettura per l’inganno del reale.

A differenza di Holden Caufield, Arturo Gerace sceglie il compromesso tra individuo e società, ma solo  a patto di mantener viva quella fiammella dell’infanzia attraverso la fantasia e le illusioni.

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