Concludiamo gli accenni teorici legati alla Champagne regione vitivinicola con un po’ di storia.
È stato emozionante leggere di come sia nato questo vino dal carattere frizzante e di come nei secoli si sia evoluta sia la sua condizione agli occhi dei bevitori, sia le tecniche che hanno portato, ad oggi, a renderlo uno dei prodotti più conosciuti ed apprezzati al mondo, e che rende quasi tutti se non tutti i bevitori unanimi sul suo apprezzamento.
Cenni storici che si riferivano ad un vino effervescente li si hanno già a partire dal 522 dopo Cristo in quanto è stato ritrovato un papiro risalente a quella data che trattava di una diatriba sulla vendita di vino che pare sia stata contestata in quando il vino venduto avrebbe ripreso a fermentare in primavera, il che era considerato un difetto del vino.
Da quel momento in poi si sarà, presumibilmente, parlato sempre di più di fenomeni simili di effervescenza, di rifermentazione.
Intorno al 1500 i vini effervescenti erano oramai conosciuti, anche se non si sapeva bene cosa fossero, non si conosceva bene il meccanismo che portava ad avere tale effervescenza, e in quest’ottica di inconsapevolezza, li si bevevano, ma per precauzione accompagnati con dell’acqua.
Come ogni novità, come ogni cosa non così consapevolmente conosciuta e chiara all’uomo, vi erano diversi pareri contrastanti sull’aspetto qualitativo e sulla funzione che questo vino “frizzante” avrebbe potuto avere.
Per la prima volta si cita il vino di Champagne nel 1676 da sir George Etheredge, nel The Man of Mode. Definito come vino stravagante per l’espulsione del tappo e della spuma, risveglia i cinque sensi, ma è anche molto costoso a causa del complesso processo di produzione. Inizia quindi a diffondersi la consapevolezza della produzione di Champagne, dalla conservazione del vino per più mesi in botti, dall’imbottigliarlo in primavera, etc. La spuma si produceva quando lo zucchero presente nel vino in primavera era sufficiente a provocare naturalmente una seconda fermentazione. Intorno al 1710, venivano vendute meno di 10.000 bottiglie ogni anno.
Col tempo si affinano sempre di più i processi produttivi, e ad oggi il metodo champenoise e quindi lo champagne è conosciuto a livello mondiale sue doti qualitative indiscutibili.
Come abbiamo anche già detto in qualche articolo precedente, ci sono voluti anni di lotte, sacrifici, prove, fallimenti, per arrivare poi al successo dei vigneron di Champagne, successo coronato anche dall’istituzione di una AOC che delimitasse il territorio di Champagne e ne attribuisse tutti i dovuti meriti.
E uno dei primi meriti in termini di Champagne per come lo conosciamo noi, perché non attribuirlo a lui, il monaco benedettino Dom Pierre Pérignon dell’Abbazia di Hautvillers, al quale va attribuito, non l’invenzione dello champagne, sia chiaro, ma la tecnica dell’assemblaggio come competenza ben precisa.
È risaputo che i monaci abati hanno contribuito fortemente alla produzione alcolica nei secoli, fatto favorito anche dal momento che possedevano grandi distese di terreni coltivati a uva e inoltre a loro spettava il compito di pressare le uve portate dai viticoltori a titolo di pagamento della decima, unendo vitigni e particelle differenti. In particolare Dom Pérignon ha avuto l’intuizione di selezionare l’uva di diversa provenienza e assemblarla, per ottenete vini dall’equilibrio migliore.
Più tardi, tutte le maison di Champagne assemblavano vini ottenuti da vitigni, cru (villaggi) e anche annate differenti per sfruttare la diversità del terroir champenois e ottenere un risultato superiore alla semplice somma dei caratteri di ciascun vino. Un fatto rivoluzionario per l’epoca, ma che portava ad avere vini più armoniosi, tipici del territorio.
Tra monaci, re ed aristocratici lo Champagne si diffuse a macchia d’olio, apprezzatissimo e richiestissimo, diventando ben preso un’icona dei festeggiamenti reali nonché dell’alta aristocrazia ed assumendo velocemente fama ed interesse mondiale diventando così un vero e proprio mito enoico.
Immagine di copertina:
Dipinto di Francois de Troy, datato 1735 e commissionato dal re Luigi XV per la sala da pranzo degli appartamenti privati a Versailles.
(fonte: http://ciboetavolanellarte.blogspot.com/2015/12/ostriche-e-champagne-jean-francois-de.html)