Parte 1
L’estate è alle porte, il sole a riscaldarci la pelle, il mare a ricordarci il moto continuo e perpetuo di una vita che non si ferma, tra alti e bassi, momenti di calma e forti onde, la sabbia morbida sotto i piedi che ci permette di rimanere, nonostante tutto a contatto con la realtà.
E che realtà sarebbe se passassimo un’estate senza bollicine?
Proviamo quindi, prima di concentrarci sulle bevute, a fare qualche step riepilogativo della storia del Re delle bollicine, lo Champagne.
Catapultiamoci quindi in Francia, a circa 150 km da Parigi. Un terroir esteso per circa 34300 ettari, stando a quanto fu regolamentato dalla legge del 1927 che delimitava l’area di produzione a denominazione Champagne (AOC).
Approfittiamo della definizione dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino): “Il Terroir viticolo è un concetto che si riferisce a un’area nella quale la conoscenza collettiva delle interazioni tra caratteri fisici e biologici dell’ambiente permette la sua evoluzione attraverso l’applicazione di pratiche colturali. Questa interazione crea caratteristiche distintive per i prodotti che hanno origine in quest’area. Il Terroir comprende una specificità di suolo, di topografia, di clima, di paesaggio e di biodiversità”. [OIV]
Sono 319 i cru (comuni) appartenenti alla AOC Champagne, suddivisi percentualmente in Marna (66%), Aube (23%), Aisne (10%), Haute-Marne y la Seine-et-Marne, e sono 4 le principali grandi regioni: la Montagne de Reims, la Vallee della Marne, la Côte des Blancs e la Côte des Bar. A seconda della qualità delle uve prodotte, la regione dello Champagne si divide in villaggi, 300 villaggi anch’essi suddivisi, in ordine crescente di prestigio, in Autre Cru (258 villaggi), Premier Cru (44 villaggi), Grand Cru (17 villaggi).
Situato al limite settentrionale per la coltivazione della vita, il terroir dello champagne è caratterizzato da un clima principalmente oceanico con temperature costantemente basse e sbalzi termici contenuti tra le varie stagioni. Se da un lato il debole soleggiamento limita la crescita e lo sviluppo della vite, dall’altro dona quel punto di maturazione giusto per i livelli di freschezza e finezza che tanto adoriamo negli champagne, e poi l’assorbimento dei raggi solari è comunque favorito dall’orografia del terroir che è ricca di valli, declivi, pendenze, aspetto che favorisce l’irraggiamento solare. Ad ogni modo il clima è davvero il protagonista principale della viticoltura in Champagne: le temperature medie annuali si aggirano intorno agli 11°C, in primavera e in inverno si possono verificare gelate che potrebbero distruggere gemme (in primavera) e germogli e ceppi (in inverno), ecco perché i viticoltori di Champagne si sono organizzati in vari modi per evitare di perdere il loro lavoro, dai più avanzati sistemi di immissione di aria calda tra le viti, ai più scenici e tradizionali roghi di fuoco bruciando per lo più tonnellate e tonnellate di paglia bagnata tra i filari, in questo modo si forma una nuvola di fumo che protegge le viti. Oppure si usa l’acqua contro le gelate, irrigando le viti dall’alto, l’acqua gela a zero gradi proteggendo i germogli dalle temperature sotto zero che sarebbero fatali.
Un sottosuolo prevalentemente calcareo (gesso, marna e calcare propriamente detto), in Champagne è favorito il drenaggio che comporta inevitabilmente un punto a favore sulla qualità del prodotto finale, nel quale sono presenti, a livello gustativo, tutti i caratteri minerali di cui il terreno è composto.
In particolare, alcuni tratti distintivi dei vari champagne, possono essere associati alle diverse stratificazioni del territorio di provenienza, in particolare ritroveremo in:
- la Côte des blancs, la Côte de Sézanne e nei vigneti di Vitry-le-François e Montgueux, strati di gesso affiorante;
- la Montagna di Reims, gesso profondo.
- la Vallée de la Marne, prevalentemente marne, argilla o sabbia.
- la Côte des Bar (Bar-sur-Aube e Bar-sur-Seine), marne argillo-calcaree che si alternano a marne prive di calcare.
Il gesso, una delle caratteristiche cardine della qualità gustativa degli champagne. Composto da granelli di calcite proveniente dagli scheletri di microrganismi marini, poroso al punto di essere definito “serbatoio d’acqua”, dona alla vite la consapevolezza di poter avere una riserva d’acqua sempre a disposizione, anche nelle estati più impegnative. In più, lo stress idrico a cui la vite è sottoposta per assorbire l’acqua dal gesso (poiché il gesso trattiene l’acqua per capillarità), si traduce in un equilibrio tra i diversi acidi contenuti nel frutto, gli zuccheri e i precursori degli aromi che emergeranno poi nel vino.
Che dire, un terroir da favola, chissà che magari il mio principe azzurro non mi ci porti una volta.
Immagine di copertina: “Scorcio su Champagne.”
(fonte: https://www.marcopolo.tv/champagne)