L’autrice si racconta
Ho il piacere di intervistare Silvestra Sorbera, classe 1983, piemontese di origini siciliane. E’ una giornalista e autrice di racconti e romanzi. Ha vinto per ben tre volte il concorso “Racconti dal Piemonte” organizzato dalla casa editrice Historica. Nel 2004 ha vinto il primo premio per un concorso avente come tema l’amore e ha partecipato alla realizzazione dell’antologia “Veglia” i cui proventi sono stati devoluti ad alcune associazione benefiche che si sono occupate della ricostruzione di Amatrice dopo il terremoto del 2016. Scrive per diversi giornali online occupandosi di donne e cultura.
Chi è Silvestra Sorbera nella sua quotidianità?
Sono una persona curiosa, rompiscatole, precisa e pretenziosa. Punto al dieci e mi aspetto che chi mi sta attorno arrivi minimo al nove. Nella vita privata, invece, sono una Silvestra diversa. Sono moglie e sono mamma di due splendidi bambini. Amo giocare, ballare, cantare, cucinare con loro e per loro. Mio figlio di 9 anni dice: “Non sei come le altre mamme, tu giochi sempre, sei una pagliaccia”. Ecco, credo di essere il classico esempio del pirandelliano “Uno nessuno e centomila”.
Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Ho sempre sentito la necessità di scrivere, fin da bambina. Prima, da giovane, avevo il bisogno di esprimermi senza espormi in prima persona, forse per mancanza di coraggio e per inesperienza. Poi è diventata la mia necessità, della quale ne ho fatto virtù.
Nei tuoi libri ti capita di scrivere delle tue esperienze personali o preferisci raccontare storie di altri?
Entrambe le cose. C’è sempre qualcosa di mio, della mia vita, delle mie abitudine, del mio quotidiano. Ma spesso le storie “tramandate” fanno da cornice. Come in “Rinascita”, molte storie sono debitamente romanzate, fatti realmente accaduti nella mia famiglia. In “Vita da Sfollati” ad esempio, racconto la morte di Mita. In realtà è mio nonno ad essere morto ma, per una serie di necessità, ho preferito alterarne le vicende.
Cosa ti ha ispirato nella scrittura del tuo ultimo libro “Rinascita: storie di donne”?
La necessità di tramandare delle storie. Non a caso si tratta di racconti estratti da fatti realmente accaduti. Inizialmente non erano pensate per il grande pubblico, ma per lasciare qualcosa ai miei figli, ai miei nipoti. Poi ho deciso di pubblicarle perché i temi sono in un certo senso universali. L’amore, la lotta per l’affermazione, le battaglie delle donne. L’autodeterminazione che, ai tempi delle protagoniste del mio libro, era la necessità di sentirsi libere dai vincoli imposti da una società che stentava a riconoscere il valore delle donne.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
A breve termine ho un paio di progetti in ballo, insieme alla mia collega Mariantonietta Barbara, di cui non voglio anticipare ancora nulla. Per il resto aspetto pazientemente che finisca la scuola così da godermi i miei figli senza l’ansia dell’orologio.
Ogni autore ha un messaggio da inviare ai suoi lettori; qual è il tuo?
Rispettarsi e imparare a dire di no. E’ un concetto semplice, ma il più delle volte non viene applicato praticamente. E’ quello che cerco di insegnare ai miei figli, inculcando loro questo mio modo di vedere la vita fin dalla più tenera età. Di conseguenza è questo il messaggio che ho la necessità di inoltrare ai miei lettori affinché la stima per se stessi sia un ingrediente fondamentale della loro vita.